Prosa
ALTRI AMORI.3

La compagnia teatrale Sofis i…

La compagnia teatrale Sofis i…
La compagnia teatrale Sofis insieme al Teatro dell’Angelo, presentano al pubblico romano “Altri Amori”, dopo aver debuttato a conclusione della stagione scorsa nell’ambito della rassegna Garofano Verde con un lavoro simile che alternava corti qui riproposti ad altri, invece, sostituiti da nuovi testi. Sul palco ci vengono presentati i 4 interpreti dei numerosi personaggi, Cloris Brosca, Paolo De Vita, Bianca Nappi e Davide Gagliardini, ciascuno seduto su una sedia completamente diversa dall’altra ed il protagonista del primo brevissimo sketch rompe subito il ghiaccio con gli spettatori, con un monologo balbettato e disperato che sembra rivolto alla moglie invisibile Luisa (che si suppone non lo lasci parlare), per poi rivelarsi invece, nonostante l’agitazione verosimile di cui il marito pare vittima, soltanto una “prova tecnica” di una confessione della propria omosessualità, che forse, più tardi, si farà sul serio… Ed è così che scopriamo subito quale sarà la tecnica rappresentativa di buona parte di questi corti: si raggiunge la massima drammaticità ed intensità nella messa in scena di un trancio di vita, tramite la confessione tutta personale e vera dell’esperienza dei protagonisti, per poi rompere la tensione con una battuta, una risata, uno stratagemma per sdrammatizzare, facendo apparire i personaggi ancora più spontanei. Sono tanti gli episodi narrati: due compagne afflitte da problemi semplici e banali di ogni coppia, che discutono ricalcando cliché tipici di chi ama e non si sente sufficientemente ricambiato, si tratti di uomini o donne. Poi c’è “l’interrogatorio” che uno studente, giunto alla scoperta della sua omosessualità, subisce dal suo professore/confidente il quale ironizza sulla discutibile scelta di un partner troppo “peloso”. La breve storia di una bambina che fa una sorpresa al padre andandolo a trovare a casa e trova in sua vece il convivente, un travestito, ci colpisce coll’efficace contrasto tra le domande schiette e disarmanti della piccola e le spiegazioni controverse e poco attendibili dell’amante del padre. Buffa la scelta di far sedere la bimba su una piccolissima seggiolina, come se l’uso della sedia determinasse nello spettacolo, in qualche modo, una classificazione che si vorrebbe fare delle persone (uomo/donna, etero/gay, bambino/giovane/vecchio). Ma c’è spazio anche per storie più commoventi, che lasciano riflettere sul modo in cui veniva affrontata (o censurata e chiusa in un cassetto nascosto), ad esempio, l’omosessualità negli anni Sessanta, come nella storia di quel ragazzo di paese, solo e forse timido, segretamente innamorato del suo amico di infanzia, nel cui sguardo non si intravedono neanche le tracce della possibilità di far male, ma solo innocenza e solitudine. Il primo tempo si apre e si chiude simmetricamente con queste confessioni ad un ascoltatore invisibile, mentre il secondo tempo lascia spazio ad un numero inferiore di corti ma di durata maggiore, che ci presentano ancora tante storie interessanti, senza annoiare mai e senza essere mai volgari. Se è vero che il 50% della riuscita di questo lavoro sta nelle capacità degli attori di fare loro questi personaggi e queste storie, in un’interpretazione senza inibizioni, blocchi o limiti e forte di un’espressività pazzesca che li differenzia in modo netto l’uno dall’altro, è anche evidente che l’altra metà del merito va a una regia studiata e attenta, ad una costruzione particolareggiata delle scene e dei protagonisti. Roma, Teatro dell’Angelo, 15 Aprile 2009
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