Prosa
AMLETO

Nella mente di Amleto

Nella mente di Amleto

Il Teatro del Carretto mi folgorò vent'anni fa con "Iliade", momenti che non ho mai dimenticato: l'inizio con la pecora che allatta l'agnellino poi colpita da una lancia che cade dall'alto, oppure l'addio alle porte Scee con una solitaria Andromaca dalle lunghe braccia. In quegli anni il lavoro della Compagnia era basato sull'utilizzo di marionette e pupazzi che creavano effetti di straniante dolore; poi, successivamente Maria Grazia Cipriani (regista e adattatrice dei testi) e Graziano Gregori (scenografo e costumista) ne hanno diradato l'uso, orientandosi verso produzioni più centrate sugli attori ma che mantengono un forte valore iconico e simbolico di scene e costumi.

Il loro Amleto è un percorso interiore, un viaggio nell'anima del protagonista, che narra una vicenda presente nei propri pensieri. Amleto è l'unico sempre in scena, gli altri vanno e vengono da tagli (stile Lucio Fontana) nella scenografia, muri rossastri che paiono di gommapiuma, come in certe situazioni manicomiali.
Non ci sono dubbi che tutti gli altri personaggi siano proiezioni dell'inconscio, materializzazioni dei fantasmi e delle inquietudini interiori di Amleto, che all'inizio è seduto davanti a una scacchiera con sopra delle marionette, gli altri attori in piedi fermi a fondo scena; con un colpo di mano Amleto butta per terra tutte le marionette e, simultaneamente, tutti gli attori cadono per terra. Poi l'azione ha inizio e la storia è quella shakespeariana, riveduta ed adattata, lasciando però gli snodi essenziali in modo da mantenerne il senso ed il significato, affidati a significanti assai suggestivi: suoni, costumi, gesti, movimenti.

Tre i colori: rosso, bianco e nero (sangue e passione, innocenza, delitto). Le luci di Angelo Linzalata sono di taglio laterale e disegnano sinistre ombre oppure riverberano gli attori di luce accecante dall'alto. Fondamentale il suono curato da Hubert Westkemper, i rumori sinistri ed inquietanti perfettamente evocano le paure e le inquietudini di Amleto.
La corona è simbolo di ambizione, di voglia smodata di potere; gli scarponi di Rosencrantz e Guildenstern fanno rumore sulle tavole, mentre gli altri sono sempre a piedi nudi. Poetico il ruscello di carta bianca a pezzetti per l'addio di Ofelia che recita la sua stessa morte di Sirena (frammenti che Amleto va spargendo da prima, prendendoli dalle tasche).
Il monologo celeberrimo è recitato con la mano che gioca con la polvere. A seguire lo scheletro, elemento chiave del finale: piccolo in mano al protagonista ma replicato nelle maschere orrorifiche degli altri.
Un Amleto smarrito nella vita ed in se stesso, un Amleto sensibile e dunque preda di incubi, agitato, nervoso, ferito nei sentimenti. "Il resto è silenzio".

Tutti parimenti bravi gli attori. Alex Sassatelli è un Amleto tormentato e credibile, mai eccessivo; negli altri ruoli Elsa Bossi, Giacomo Vezzani, Giacomo Pecchia, Nicolò Belliti, Carlo Gambaro, Jonathan Bertolai.

Visto il
al Del Fuoco di Foggia (FG)