Buio in sala. Musica frastornante dei Massive Attack. Sipario. Sulla scena troneggia un letto da ospedale-manicomio pre-Basaglia. Un giovane è avvolto da lenzuola candide e dorme. Un infermiere-secondino sembra sorvegliarlo seduto a un tavolino in disparte. L’interesse si desta. Che cos’è questa novità? Forse che abbiano deciso di dare un taglio nuovo al caro vecchio Hamlet?
Alessandro Preziosi-Amleto si agita fra le coltri e sembra scuotersi alla voce cavernosa del padre-fantasma che rintrona nelle sue orecchie. Sogno o son desto? Il fantasma è diventato una voce sentita nella mente da un folle in manicomio? Non è un espediente nuovissimo, ma sembra intrigante.
Abolita l’ambientazione medievale, la scena del primo atto sugli spalti, Marcello, Bernardo, eccetera eccetera, l’impostazione della regia di Pugliese apre il testo a nuove possibilità espressive. Che voglia mettere in scena tutta la vicenda come la visione di un pazzo? Orazio è forse un infermiere che assiste Amleto nel suo delirio? Chissà dove ci porterà? Stiamo a vedere.
Si apre il nero fondale su un muro ammuffito - d’altra parte “c’è del marcio in Danimarca”, anche se questo Amleto sembra essersene dimenticato – ed entrano dei personaggi vestiti di nero, abbigliati con i tipici abiti secenteschi, alte gorgiere, gonne vaporose, acconciature alla Elisabeth II. Ma dov’è finito il manicomio? Magari sono anche loro fantasmi nella mente di Amleto. Ma no, anche Amleto si cambia, si veste da personaggio dell’epoca elisabettiana. E il manicomio? La recitazione riprende normale, banale nella sua normalità.
Restiamo in attesa di qualche novità illuminante, di qualche colpo di scena, di qualche frattura con la recitazione classica da Globe Theatre e Royal Shakespeare Company, ma niente. Non succede niente. Il capolavoro shakespeariano prosegue un po’ tagliuzzato, sfrondato, alleggerito, sempre seguendo il filone classico. E meno male che c’è il testo! Nonostante l’ormai desueta traduzione di Montale, “Hamlet prince of Denmark” è sempre una musica celestiale per le orecchie di qualsiasi spettatore.
Gli attori si adoperano alla buona riuscita della messinscena. Interpretano senza picchi di bravura, senza fare perdere i sensi a nessuno in sala, ma se la cavano egregiamente. Lo stesso Preziosi incarna un Amleto ‘nervosetto’ e ‘agitatino’, che maltratta e sbatacchia l’Ofelia forse un po’ troppo sfacciata e poco eterea di Silvia Siravo, la pallida e annacquata Gertrude di Carla Cassola, il petulante Polonio di Ugo Maria Morosi, Rosencrantz e Guildenstern (Guildenstern e Rosencrantz), perfino il povero teschio di Yorick, che viene impietosamente scagliato nella fossa di Ofelia.
Niente di nuovo sul fronte shakespeariano. Occasione mancata per Armando Pugliese e per la compagnia, che va tuttavia ringraziata per avere concesso una salva di repliche inattese presso il Teatro Donizetti di Bergamo, nonostante la fine della tournee.
Visto il
09-02-2010
al
Donizetti
di Bergamo
(BG)