Una stanza sotto il pavimento da una scuola: i fantasmi di Maria Luisa Minguzzi e Francesco Pezzi, internazionalisti ravennati, intrappolati da un secolo fra le stesse quattro mura ingannano il tempo in un dialogo senza fine, parlando fra loro e rievocando fatti del passato.
Il testo dunque si centra su queste due biografie esemplari e, a partire da loro, sul contesto storico di riferimento.
Questo comporta che il dialogo abbia anche una necessità informativa: ci passa delle informazioni, vuole evidentemente farci conoscere, spiegarci la vita di questi due anarchici e le loro idee (rivoluzionarie adesso quanto allora).
La messa in situazione però contrasta con la necessità del testo di passare queste informazioni al pubblico: nonostante la bravura degli attori, il contrasto permane.
Non è chiaro per esempio perché due persone che si conoscono benissimo e che si vedono tutti i giorni da cento anni parlino dei fatti senza mai eludere un cognome, senza mai lasciare implicito nessuno dei dettagli che entrambi conoscono già, dettagli di cui non avrebbero bisogno per evocare un passato comune.
Se l’intenzione fosse proprio questa - rappresentare due personaggi che si ripetono sempre gli stessi fatti rievocandoli nei minimi dettagli - allora la mancanza nel testo della reiterazione come qualità del dialogo impedisce a questa intenzione di realizzarsi.
Da qui una certa forzatura del lavoro, che la bravura degli attori e la regia sapiente riescono a mitigare.Un contributo in questa direzione è dato dalla cadenza dialettale, che ammorbidisce il testo e rende più credibile lo scambio.
Il risultato è un lavoro che certamente stimola la riflessione: è difficile guardarlo senza porsi delle domande, il contatto con la forza utopica che anima i protagonisti spinge inevitabilmente al confronto con le loro idee; inoltre lo spettacolo certamente si avvale di una regia sapiente e di una recitazione ineccepibile - intensa e nello stesso tempo precisa. Peccato che, per questo contrasto strutturale, mantenga su di sé una patina didattica che non riesce ad assurgere al rango di splendore didattico.