Andrea Chénier fa capolino al Verdi di Trieste. Quella di Sarah Schinasi è invero una visione registica non solo un po' superficiale, ma persino ingenua.
Andrea Chénier fa capolino al Verdi di Trieste, dopo lunga latitanza. Benissimo, perché il capolavoro di Umberto Giordano un tempo era assai frequente, mentre ultimamente ce lo fanno alquanto sospirare. Per non parlare della sua Fedora - opera di pari interesse - pressoché scomparsa dai cartelloni italiani.
Una certa ingenuità
L'allestimento viene dalla slovena Maribor, è una coproduzione con il suo teatro. Però, ad essere sinceri, abbiamo visto di meglio. Quella di Sarah Schinasi è invero una visione registica non solo un po' superficiale, ma persino ingenua. Prendi l'uso di scritte sparse ovunque: Amour sul nastro che cinge la gonna di Maddalena, le proiezioni di versi poetici mentre Andrea intona «Come un bel dì», e del retorico slogan finale «Amis, vivez en paix». Oppure il filmato dei giochi infantili con Maddalena, rievocati da Gérard. E comunque, regia poco organizzata: non si vedono nè pastori né pastorelle nella festa al castello, l'irruzione dei sansculottes non propone un minimo di violenza, la lentezza dei futili cambi a vista spezza il fluire drammaturgico, il processo ed il finale sono poveri d'aspetto epico.
Studiare i dettagli storici e di costume, come afferma nelle sue note di regia, non basta: ci vuole un più vivido intuito teatrale. La scenografia di William Orlandi poggia su due elementi architettonici di sapore barocco che ruotano di continuo, variando man mano gli spazi e sostenendo all'occasione evocative video proiezioni. Funzionale, ma non un prodigio di originalità. Il disegno dei costumi di Jesús Ruiz è accurato, e centra bene l'ambientazione dell'opera. A parte, diremmo, l'eccesso di pailettes nel salotto dei Coigny.
Direzione a mezzo carattere
Sul podio un sicuro professionista, Fabrizio Maria Carminati il quale, tuttavia, in questo contesto non offre una lettura del tutto convincente. Si intravede una certa ricerca di atmosfere, e di varietà di tinte; ma nella concertazione procede con minor equilibrio del solito. Scansa l'enfasi retorica, ma i momenti concitati lo vedono comunque lanciare l'orchestra a briglia sciolta, con qualche intemperanza sonora; quelli riflessivi scivolano via senza troppa commozione, privi di opportuna leggerezza; ed il rapporto scena/orchestra va qualche volta a farsi benedire. In definitiva, si ha l'impressione che questa partitura – di pretto stampo verista - gli sia meno congeniale di altre, nonostante abbia portato gli strumenti ed il coro del Verdi al loro meglio delle loro possibilità.
Alterne fortune vocali
Protagonista principale è Samuele Simoncini: il suo Andrea arranca un po' nei primi due quadri, ma per fortuna prende il volo nei rimanenti. L'impressione però è che Chénier non sia consono al suo profilo vocale: non pare né poeta, né innamorato, mancandogli slancio lirico, abbandono sentimentale e limpidezza vocale. Il fraseggio è limitato, il passaggio al registro acuto con qualche insicurezza, ma è un po' tutta la tecnica d'emissione ad avere qualche falla, sopra tutto tenendo conto di quanto mai scabrosa sia tale parte. Anche Maddalena non trova nelle corde vocali di Svetla Vassileva un'interprete adeguata – a parte l'indubbio temperamento - e le ragioni sono le solite. Emissione monocorde, con pochi colori, e scarsa varietà di dinamiche; il registro medio basso risulta artificioso, quello superiore produce effetti metallici stridenti. E purtroppo la dizione è spesso ai limiti dell'intelligibile.
Per fortuna Devid Cecconi alza – e non di poco – le sorti dello spettacolo: c'è nel suo poderoso Gèrard il carattere, c'è la potenza vocale e la facilità all'acuto, c'è l'eloquenza del fraseggio, c'è l'approfondimento psicologico. Il pubblico se ne avvede, e tributa a lui i maggiori, e meritatissimi applausi. Parti di fianco non tutte egualmente valide: segnaliamo l'eccellente Roucher di Francesco Musinu, ma anche la debolezza della Bersi di Albane Carrère e della Contessa di Anna Evtekhova.
Gli altri sono Isabel De Paoli (buona Madelon), Saverio Pugliese (Abate/un Incredibile), Gianni Giuga (Fleville/Mathieu), Giuliano Pelizon (Schmidt/Maestro di casa), Giovanni Palumbo (Tinville), Francesco Paccorini (Dumas).