Chi sono gli angeli e che messaggio vogliono portare? Quali terribili malattie, a livello fisico e sociale, hanno colpito l’umanità? Perché le persone faticano a riconoscere e ad accettare la propria identità? “Angels in America”, pièce teatrale scritta dal pluripremiato Tony Kushner nel 1987, risponde in modo crudo e fantasioso a queste terribili domande.
Otto personaggi si alternano e interagiscono sul palco. Cercano di capire se stessi e il mondo in cui vivono, in una miscela di disagio, di disperazione, di abuso di potere, di malattia, ma anche di amore, libertà e sogno. E’ l’America di Reagan, 1985. A Salt Lake City (Utah), la parola d’ordine è apparire e avere successo. Roy Cohn ( perfido e potente avvocato, realmente esistito) è il personaggio che meglio incarna la perdita di valori e di dignità. E’ omosessuale e malato, ma non vuole ammetterlo, perché potrebbe significare l’esclusione dai vertici della politica e dal potere decisionale. Interpretato dal bravissimo Elio De Capitani, regista dello spettacolo insieme a Ferdinando Bruni, questo fanatico avvocato di destra, razzista e manipolatore, è vittima del suo stesso potere, tormentato dall’ipotesi del fallimento. La sua vita si intreccia con quella di un giovane mormone, Joe Pitt (Cristian Maria Giammarini), incapace di decidere tra realizzazione professionale e personale. La moglie Harper (Elena Russo Arman), depressa e visionaria, lo accusa di trascurarla e, tra pillole e allucinazioni, tenta di evadere da un’esistenza infelice e vuota.
Altra storia difficile e sofferta, è quella vissuta da due ragazzi omosessuali, Prior Walter (Edoardo Ribatto) e Louis Ironson (Umberto Petranca). Il primo scopre di essere malato di AIDS ma, nel momento in cui annuncia questa terribile verità al compagno, questi non riesce ad accettarla e si dispera. Louis ha paura, teme la morte del fidanzato e il contagio per se stesso.
L’interpretazione degli attori è magistrale. Il pubblico, nonostante la lunga durata dello spettacolo, partecipa alle emozioni e al dolore dei protagonisti e alterna ansia a qualche momento di risate e divertimento. La bravura di registi e personaggi, sta nel riuscire a coinvolgere e a far riflettere lo spettatore su tematiche importanti e forti come l’omosessualità, l’Aids, il razzismo, la perdita di valori e l’abuso di potere, pur sdrammatizzando e facendo sorridere.
Da sottolineare la capacità degli attori di interpretare più personaggi (un applauso va a Fabrizio Matteini, che interpreta l'ex travestito di colore, nonché ex amante di Prior, Belize, e a Cristina Crippa e Ida Marinelli).
L’organizzazione sul palco è decisamente perfetta. Lo spazio è occupato intelligentemente da oggetti che entrano ed escono o si trasformano a seconda delle scene e delle necessità. Vengono ricreate diverse situazioni, ambienti e, addirittura, condizioni atmosferiche diverse, il tutto in pochi minuti e con giochi di luci e alternanza di materiali. Un balletto di uomini, musiche, luci, immagini, colori davvero entusiasmante.
Molto interessante e coraggiosa la scelta di inserire elementi ed effetti speciali, utilizzati esclusivamente nel mondo del cinema. Alla faccia di chi critica l’arte del teatro e la considera incapace di sorprendere e di concretizzare i sogni e le fantasie dello spettatore.
“Angels in America” è da dieci e lode. Soprattutto per il gran finale.
Modena, Teatro delle Passioni, 8 maggio 2007.
Visto il
al
Toniolo
di Mestre
(VE)