Prosa
ANTIGONE

Antigone e gli abusi del potere

Antigone
Antigone

La presente versione di Antigone, ideata e diretta dalla regista Laura Sicignano, colloca il fulcro dell’ispirazione nel tortuoso e contradditorio rapporto instaurato dal popolo siciliano con le molteplici dominazioni.

Modellare gli schemi del mito classico per estrapolarne nuclei di significato validi per l’uomo di ogni tempo, realizzando l’obiettivo prioritario della grande narrazione: la presente versione di Antigone, ideata e diretta dalla regista Laura Sicignano secondo le caratteristiche del contesto scenico di teatro da quarta parete, colloca il fulcro dell’ispirazione nel tortuoso e contradditorio rapporto instaurato dal popolo siciliano con le molteplici dominazioni - per lo più allotrie - susseguitisi al governo dell’isola dai greci in avanti: un estenuante altalenare tra «potere e strapotere, ribellione e anarchia, eroi del bene e del male».

Il potere che non si contraddice

Catapultati in un’atmosfera da tregenda, dove lo scarso uso delle luci di scena evoca il buio della ragione in cui è piombato il governo dello stato, tra le macerie di un recente conflitto intuiamo a fatica gli emblemi del palazzo reale orientato verso un preciso punto di fuga posto in simmetria centrale rispetto alla convergenza, alla sommità del proscenio, fra tre sbarre di ferro che delineano le dimensioni dello spazio.



Un disegno scenografico mobile e vario asseconda l’evolversi drammaturgico fino all’implosione conclusiva, percorrendo nel segno dell’antitesi (fin nel colore dei costumi di scena e nell’alternanza di buio e luce accecante nel finale) il conflitto di fondo relativo all’opportunità di offrire adeguata sepoltura ai defunti, indipendentemente dagli eventuali misfatti compiuti in vita. Il dissidio morale che oppone le pietose cure parentali invocate da Antigone alla ragion di stato emblematizzata da Creonte, a dispetto della vulgata per cui entrambi risulterebbero colpevoli di intransigente tracotanza, fornisce al contrario un netto giudizio di merito in favore del giusto, condannato da una legge che trova unica giustificazione in se stessa.

Se le note considerazioni di Antigone riguardo ai limiti di validità del diritto stabilito dagli uomini asseriscono l’invalicabilità, da parte di quest’ultimo, degli universali etici validi a priori, l’unica preoccupazione di Creonte riguarda invece la salvaguardia del potere assoluto, fondato sulla coercizione e per questo alieno da qualsiasi eventuale incrinatura derivante da contraddittorio.

Antigone martire per la libertà

La particolare caratura conferita al personaggio di Creonte, cui ben si attaglia la consueta magniloquenza di Sebastiano Lo Monaco, risponde al tipico ritratto del despota, con una coloritura tale da indirizzare verso pagine buie della storia italiana contemporanea. Al coro dei saggi tebani previsto nell’originale si sostituisce un’accozzaglia di servi- soldati e cortigiani proni al potere costituito e pronti ad adorare il padrone di turno e ad assecondarne i diktat pur di sopravvivere di servo encomio.



La prima apparizione di Creonte, con lievi discrepanze rispetto al testo sofocleo, si incastra opportunamente tra due danze rituali incalzate dai ritmi ossessivi delle musiche originali di Edmondo Romano, molto efficace nell’evocare in termini fonici la venerazione orientaleggiante del tiranno, cui rimanda pure il rituale persiano della proscinesi. Sono le prime avvisaglie di uno strapotere, che, ebbro di una facoltà decisionale senza confini, risparmia solo adulatori (servi e guardie interessati) e indifferenti per paura o debolezza (Ismene/Lucia Cammalleri), condannando al martirio giovani idealisti (l’Antigone “pasionaria” di Barbara Moselli) e assennati (l’avveduto Emone interpretato da Luca Iacono) in un delirio di sopraffazione machista e misogina.

I tradizionali pregiudizi di genere connaturati al mondo greco si vestono delle inquietanti connotazioni suggerite dalle cronache odierne e, nel rapido incalzare degli eventi verso la catastrofe finale, contribuiscono a tratteggiare un orizzonte plumbeo, viziato da mali atavici, dove le speranze libertarie restano affidate al gesto eroico dei singoli.

Visto il 15-10-2019
al Verga di Catania (CT)