Elisabetta Pozzi è straordinaria nel cogliere le molteplici sfumature del personaggio. Andrea Chiodi costruisce uno spettacolo che vive in perfetto equilibrio tra i toni del dramma e della commedia
Apologia di Alexi Kaye Campbell, prodotto dal Centro Teatrale Bresciano per la regia di Andrea Chiodi, con protagonista Elisabetta Pozzi, è un lucido ritratto di quanto la famiglia possa essere luogo di rancori sopiti, incomprensioni, ostilità. Il compleanno di Kristin Miller, rinomata storica dell’arte inglese, innamorata della pittura italiana ed in particolare di Giotto, dovrebbe essere l’occasione per una festa con i figli e le loro compagne, mentre si rivela essere una resa dei conti senza esclusione di colpi.
Testo articolato e mai prevedibile
Elemento scatenante è l’autobiografia appena pubblicata da Kristin, dal titolo Apologia, nella quale l’autrice non fa il benché minimo accenno ai due figli Peter e Simon, che per questo la accusano di essere sempre stata una madre assente ed anaffettiva. Tuttavia se Peter ha saputo superare il vuoto affettivo ed adesso è un professionista solidamente ancorato al lavoro e ad una vita normale, Simon è rimasto un carattere fragile, che, non riuscendo ad interrompere il cortocircuito tra amore e odio nei confronti della madre, è ancora incapace di costruirsi una relazione stabile, come dimostra il rapporto con la fidanzata Claire.
La grande abilità di Campbell è quella di non regalarci delle tesi precostituite, dividendo i personaggi in modo manicheo tra buoni e cattivi; di ognuno emerge la complessità, e le continue rivelazione nel corso del testo impediscono allo spettatore di stilare dei giudizi sommari, a causa del continuo ribaltamento di fronti. Convitato di pietra di questa festa di compleanno è marito di Kristin, scomparso anni prima ed alla cui morte nessuno ha pianto.
Figura dispotica e autoritaria, che sicuramente in passato contribuì al clima di instabilità dei rapporti all’interno della famiglia e che al momento della separazione letteralmente strappò i figli alla madre, impedendole di vederli. Un vuoto che Kristin cercò di riempire votandosi all’arte e condividendo le grandi battaglie sociali degli anni ‘70 con l’amico Hugh, nell’illusione che maggior cultura, consapevolezza e libertà avrebbero portato ad una società migliore. Tuttavia questo rivolgere le sue attenzioni all’esterno, nonostante la buona fede, ha inevitabilmente portato alla disgregazione dei rapporti familiari.
Regia accuratissima, cast eccellente
Andrea Chiodi costruisce uno spettacolo che vive in perfetto equilibrio tra i toni del dramma e della commedia, impreziosendolo con una grande attenzione ai particolari. Una regia apparentemente semplice ma in realtà accuratissima, che compie un raffinato lavoro di scavo psicologico sui personaggi, supportato da un cast eccellente.
Elisabetta Pozzi è straordinaria nel cogliere le molteplici sfumature del personaggio di Kristin, dal lucido e freddo pragmatismo che le ha permesso di raggiungere la sua posizione alla profonda empatia che si crea con il figlio Simon, un intenso Emiliano Masala, nel lungo dialogo che apre il secondo atto. Al solido e razionale Peter di Christian La Rosa si contrappone la commovente ingenuità della fidanzata Trudi, interpretata da Francesca Porrini. Martina Sammarco rende efficacemente la spavalderia che in realtà nasconde le contraddizioni di Claire, fidanzata di Simon, mentre Giovanni Franzoni è Hugh, ironico e guascone militante progressista.