Opera inaugurale del XXXVIII Festival della Valle d'Itria di Martina Franca (TA), l’Artaserse di Johann Adolf Hasse, era tra gli attesi eventi di questo appuntamento musicale pugliese, che vede una nuova primavera con la direzione artistica del maestro Alberto Triola.
Artaserse, dramma per musica in tre atti, vide la luce a Venezia al Teatro San Giovanni Crisostomo nel febbraio del 1730, scritto dal compositore tedesco Johann Adolf Hasse (1699 – 1783) su un testo del Metastasio, riutilizzato da vari altri compositori. Hasse era a Venezia in quanto maestro di cappella del Conservatorio degli Incurabili e qui compose tra gli altri, appunto, l’Artaserse e il noto Miserere. La trama, semplice, è tipica dell’opera barocca: i quattro personaggi principali, Artaserse, re di Persia, Mandane, sua sorella, Artabano, generale traditore e Arbace figlio di quest’ultimo e amico di Artaserse, vivono il dramma della morte di Serse e Dario ad opera di Artabano che, scoperto, riceve il perdono di Artaserse. Nel mezzo l’accusa dell’innocente Arbace e la rivelazione della triste verità. Un classico del genere e dell’epoca, che vide alla prima veneziana succedersi i cantanti più in voga del momento: Farinelli nel ruolo di Arbace, la Cuzzoni in Mandane e il castrato Nicolino come Artabano. Fu un successo per Hasse che, in seguito, ripropose altre due versione dell’opera, nel 1740 e nel 1760. Pertanto la versione riproposta qui a Martina è l’originale veneziana, in prima esecuzione in tempi moderni (le altre versioni hanno avuto più fortuna, anche recente), anche se – come afferma il curatore Marco Beghelli – non si può sapere con esattezza matematica quale sia la partitura andata in scena proprio quella sera.
La regia è stata affidata all’abile mano di Gabriele Lavia, alla sua prima esperienza con l’opera barocca, in cui si è districato abbastanza egregiamente, confermando la sua raffinatezza e precisione rappresentativa. Molto discussa l’iniziativa del regista e del maestro Corrado Rovaris di inserire nella terza scena del primo atto l’aria S’impugni la spada dal Montezuma di Vivaldi, per equilibrare il numero delle arie dei vari personaggi. La polemica innestata sull’opportunità, a nostro avviso, decade dal momento che all’epoca dell’autore spesso i vari cantanti inserivano nelle opere arie di compositori diversi per dare sfoggio delle loro capacità canore (la così detta aria baule). Infatti ha permesso al contralto Sonia Prina di dar prova della sua voce e della sua capacità.
La scena fissa, con parete mobili, opera di Alessandro Camera, ricordava un tempio assiro, pur stilizzato, in una tonalità bronzea, che rendeva perfettamente l’idea del palazzo di Artaserse, in un contesto pulito ed estremamente raffinato. I costumi di Andrea Viotti si esprimevano pienamente negli abiti femminili, mentre per i ruoli maschili si è preferito utilizzare delle ottocentesche divise, che simboleggiavano un ipotetico golpe militare; un’attualizzazione sulle righe, senza tempo. Lavia ha saputo muovere i personaggi in modo da non rendere statica e noiosa la rappresentazione, ma creando la tensione del dramma vissuto dai protagonisti. Lavia non ha fatto molti tagli ai recitativi, risultando, alla fine, un opera piuttosto lunga per il pubblico poco avvezzo.
Indubbiamente ricreare un’opera barocca prevede mettere in scena voci adatte ai non semplici ruoli; si è voluto, in questa produzione, sostituire le tre voci originarie sostenute all’epoca da castrati con due controtenori e un contralto. Il controtenore Franco Fagioli, ormai di casa al Festival, ha sostenuto il difficile ruolo di Arbace. Dopo un inizio incerto, ha dimostrato precisione nei passaggi di coloritura e omogeneità vocale; ha sostenuto il ruolo con molta immedesimazione nel personaggio e sicurezza, sottolineando la drammaticità della parte e la poesia della voce. Una delle voci migliori della serata, piaciuta e apprezzata – meritatamente - dal pubblico martinese. Molto brava la già citata Sonia Prina, contralto nel ruolo en travesti di Artabano; voce intensa ed emotività accattivante, ottima prova virtuosistica e recitativa. Il suo personaggio è stato decisamente credibile e di forza espressiva unica. Eguagliava la bravura della Prina, Maria Grazia Schiavo nel personaggio di Mandane, di grande fascino canoro, voce melodiosa e pulita, ottimo fraseggio, romantica postura e morbidezza espressiva. Dignitoso e ineccepibile l’Artaserse di Anicio Zorzi Giustiniani. Rosa Bove in Semira ha dato una prova discreta. Buona la riuscita per il secondo controtenore, Antonio Giovannini in Megabise, con una voce sopranile inusuale, ma efficace.
Raffinata, prudente e ricca la direzione del maestro Corrado Rovaris, a cui va il merito delle scelte stilistiche e melodiche che hanno dato sostanza a questa opera barocca rendendola leggera e precisa nei minimi dettagli. Il maestro Rovaris ha diretto, al clavicembalo, l’Ensemble Barocco dell’Orchestra Internazionale d’Italia, che si è dimostrata all’altezza.
In un Palazzo Ducale pieno (nonostante fosse la terza e ultima serata), il pubblico ha apprezzato in complesso questa produzione, riservando plausi e ovazioni per la direzione del maestro Rovaris e per le voci di Fagioli, della Prina e della Schiavo.