ASSO DI MONNEZZA

Le lacrime di un attore sono …

Le lacrime di un attore sono …
Le lacrime di un attore sono grida dirette al cuore e alla mente del pubblico; un lacrima, illuminata da una luce, su un volto che scruta il buio, scivola via sulla pelle ruvida e tesa, come una goccia d’acqua sul palmo di una foglia. Un attore è come un fanciullo solo, indifeso, su quel palco dove centinaia di occhi, che non si limitano semplicemente ad osservare, giudicano la sua arte; e, allora, una lacrima altro non è che proprio un granello della sua anima. Il teatro civile di Ulderico Pesce non è solo metodo, tecnica o finestra di denuncia, è soprattutto impegno civile, contro un male troppo forte: l’ignoranza. L’ultima fatica rispecchia un problema balzato a l’onor di cronaca da poco, ma da decenni radicato in realtà dimenticate del nostro paese: la “monnezza” che soffoca, uccide, rende orfani. Su un palco semplice, con una sedia di paglia sgangherata, dei mattoni posti a semicerchio al limite del palco, a nascondere un video proiettore, e qualche telo nero a mascherare degli oggetti, l’artista narra di una realtà lontana dalle cronache, dagli scoop giornalistici, distante dalla società civile. La storia di una donna coraggiosa e dei suoi due figli si intreccia con la losca vicenda che ha come protagonista suo marito e il terzo figlio, delinquenti senza scrupoli che dell’immondizia hanno fatto un business. Marietta è il suo nome, non è fantasia, è una donna vera, come tutti i personaggi narrati e denunciati durante lo spettacolo; la denuncia, la trave portante di questo rappresentazione, è diretta a camorristi, politici, popolo “civile” che non è capace di riciclare un bottiglia di plastica o dei fogli di carta, ma riesce a spendere il proprio denaro per l’ennesimo telefono cellulare o per un paio di scarpe da 200 euro. Un donna forte, di quelle del sud, non rassegnata ad un ruolo secondario; una donna con la licenza media che, porta a porta, insieme ai due figli, raccoglie i materiali riciclabili, sostituendosi a quelle istituzioni sorde e lontane dalle reali necessità della gente. Impara l’arte del riciclare dopo una visita alla sorella che vive a Roma, e lei, che ha sempre vissuto nella “monnezza” dice che non è una cosa cattiva, perché è una risorsa, e lei lo ha capito. Il marito, con l’altro figlio, smaltisce illegalmente, complici anche imprenditori, laboratori di analisi e agricoltori, tonnellate di scarti chimici altamente tossici, in grado di contaminare terreni e falde acquifere. Due mondi si scontrano: da una parte, la semplicità di una donna che la vita le ha tolto gli affetti più cari, ma che è disposta a far tesoro del suo dolore; dall’altra, la facile prospettiva di un guadagno che acceca e rende schiavi del dio denaro. Tra un intercalare dialettale e l’altro, Ulderico Pesce porta a conoscenza del pubblico una realtà sotto gli occhi di tutti, ma lontana dai cuori e dalla ragione. La bravura dell’attore, un vero interprete che riesce a calarsi nei suoi personaggi e dar loro vita, è una delizia da gustare parola per parola, gesto dopo gesto, lacrima dopo lacrima. Il pubblico è travolto come un torrente in piena dalla sua ironia, a tratti comica per la sua irriverenza contaminata da quel tanto di dialettale a cui mai ha voluto rinunciare, che impregna i suoi spettacoli all’inverosimile. È, questo, un teatro che trasforma una messa in scena in un momento di riflessione, che narra di una donna e dei suoi figli che, alla fine, denunceranno il loro padre, il loro fratello, suo marito, suo figlio, per fermare la loro mano distruttrice e ristabilire la legalità. Milano - Teatro dei Filodrammatici - 30 gennaio 2008
Visto il
al Traiano Comunale di Civitavecchia (RM)