Teresa ama. Ama alla follia un uomo. Si tratta di Lorenzo, da cui ha da poco divorziano. Lo ha conosciuto a Cinecittà dove lei tentava di sfondare nel grande schermo e lui accompagnava un amico.
Cosa non si fa per uomo? Lei ha sopportato cose che una comune mortale non avrebbe tollerato: la suocera, la cognata, gli amici di lui,... tutti sempre pronti ad accusarla di opprimerlo.
Ma di lei chi si occupa? Chi si è mai occupato di lei?
La mamma era sempre stata trattata come una serva ed anche peggio, come una bestia da umilare. Il cattivo era suo padre (e la sua famiglia) che però non aveva mai toccato Teresa perchè, come le spiegò, lei era figlia di uno zio. Poi era fuggito in America con il figlio maschio.
Due le alternative: continuare a vivere quella vita, oppure andare a Roma e vivere dignitosamente. Teresa ha scelto la seconda opzione. Ed il risultato quale è stato? La scoperta che non sa ridere. Sui set la cosa le provoca problemi lavorativi, ma nella vita privata Teresa devide di fare l'unica cosa che le permetta di ridere: cioè innamorarsi e vivere la migliore delle vite amorose acconto ad un uomo. Peccato perchè l'unica cosa che riuscirà ad ottenere sarà una disastrosa storia d'amore con Lorenzo, l'ingegniere pieno di amici, che arriva all'improvviso, facendosi trovare sotto un lampione a fumare e poi sparisce altrettanto all'improvviso. Seducendola ed abbandonadola. Forse la colpa è un po' sua perchè lei paga sempre tutto, nonstante lui sia ricco. Ma lei non se ne fa un problema. Poi c'è il matrimonio, quel legame che Teresa ha quasi estorto credendo di essere incinta, per poi scoprire che non può avere figli.
Povera Teresa.
Elisabetta Femiano ci ha portato in tutti i luoghi della vita di Teresa, ognuno scandito da un cambio di posto sul palcoscenico. La sua interpretazione artistica, per la regia di Danilo Proia, infatti è stata insolita. Di solito si è abituati a vedere attrici che recitano ferme sul palcoscenico. In questo tragicomico monologo, invece, la Femiano ha quasi danzato la vita di Teresa, in tutta una serie di spostamenti ai vari lati della scena, salendo sul tavolo, cambiandosi d'abito, mimando le pose delle star cinematografiche, sedendosi e salendo sulla sedia, togliendo i pupazzi dal cesto e ancora mille altri movimenti. In fondo era la danza della vita di Teresa.
La scenografia era semplice: una tavolo ricoperto di una tovaglia candidamente bianca era al centro della scena, sulla destra c'era una sedia rivestita di bianco con due cuscini rossi e davanti un cesto bianco pieno di pupappi; sulla sinistra c'era uno sgabello ricoperto da un panno bianco sul quale era posto un beauty-case rosso. Un luogo non-luogo per simboleggiare la casa dell'infanzia, quella a Roma, quella della suocera e pure il set cinematografico di Cinecittà!
Lo spettacolo è durato poco meno di un'ora ed è finito in un non-finale d'effetto. Teresa, ripensando alla sua vita con un affetto doloroso, ma pieno d'amore e pure recidivo (come solo chi sa sopportare e perdonare sa fare), ricorda di avere una pistola, comprata per sentirsi protetta in quella casa di campagna voluta da Lorenzo e dove hanno passato una sola notte. La pistola è nel beauty-case. La prende? Non la prende? Come sottofondo le note di One, canzone degli U2 che ha fatto storia e che ha assicurato un finale da brivido all'Assolo, il monologo di Teresa.
ASSOLO
Io odio... io amo
Visto il
14-12-2010
al
Zeta
di L'Aquila
(AQ)
Assolo