La nuova produzione di Piccola Compagnia della Magnolia, Atridi – Metamorfosi del rito, indaga dalla radice i rapporti familiari che intercorrono tra Agamennone, Clitmnestra, Elettra ed Egisto. Ma se scavare a fondo nel mito significa declamare un prologo quasi a voler ricordare grandi interpreti (femminili) dei tempi passati, tanto vale prendere spunto da un qualsiasi altro dramma, senza volersi necessariamente affidare alla tragedia greca. E se questo è lo scopo principale della messinscena, allora ci si trova di fronte a un lavoro riuscito solo in parte. Apprezzabile il lavoro fatto sulle fonti, ma a livello drammaturgico e registico ci si poteva (anche) aspettare altro.
Il pubblico, in verità, apprezza, ma scandagliare i rapporti tra gli Atridi non costituisce elemento sufficiente a giustificare una drammaturgia che espone senza raccontare e, dunque, non approfondisce o (peggio) parte dal presupposto di farlo.
Tutti gli attori recitano come richiede un testo tragico, ma ciò che manca è proprio il pathos. Non tanto come idea, ma come effettivo elemento di condivisione con il pubblico.
Il rito prende il sopravvento sulla narrazione: gesti, movimenti e soprattutto lunghi silenzi, spezzano un racconto che potrebbe esserci e purtroppo latita. L’unico elemento che (drammaturgicamente) risulta in grado di raccordare ciò che accade sul palcoscenico è il commento musicale, effettivamente adatto alla “classicità” dell’ambientazione.
Prosa
ATRIDI / METAMORFOSI DEL RITO
Atridi, sbiadito ritratto di famiglia
Visto il
19-11-2014
al
Gobetti
di Torino
(TO)