Oscar Wilde e i suoi tre processi: la fine di una carriera artistica

Oscar Wilde e i suoi tre processi: la fine di una carriera artistica

Il nuovo spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, con la traduzione di Lucio De Capitani, permette al pubblico di incontrare un Oscar Wilde in carne e ossa: Atti osceni (testo originale di Moisés Kaufman) racconta del gran finale giudiziario della vita artistica del dandy che ha racchiuso un’intera epoca nei suoi epigrammi.

Il ritratto di Oscar Wilde

Giovanni Franzosi è lo straordinario interprete del grande artista: ne assume aspetto e modi, tanto che sembra di trovarsi davanti a un ritratto vivente di Wilde. Quest’uomo straordinario si erge, vivo, dal fiume di parole che ha suscitato lo scandalo dei tre processi per “atti osceni” (accusa di atteggiamenti omosessuali), conclusi con la condanna a due anni di detenzione e lavori forzati; condanna che segna la fine della vita artistica di Oscar Wilde.
Il testo è un dialogo continuo tra i punti di vista dei conoscenti più vicini a lui nel periodo più difficile della sua vita, arricchito di citazioni dalla trasposizione degli atti del processo. È evidente, infatti, che non è possibile arrivare a una verità definitiva sulla vicenda, che perciò può essere ricostruita solo tramite un discorso dialettico.

Caricature e personaggi

La regia sceglie di fare delle caricature dei vari personaggi che compaiono nella vicenda, forse per avvicinare l’immagine resa dal palcoscenico a quella che ci si farebbe leggendo la documentazione relativa ai processi. Il pubblico così si ritrova in scena alcuni personaggi “tipo” su cui già è evidente il giudizio dato dalla regia.
È una scelta in parte giustificata dal carattere generale dell’opera, la cui narrazione in questo modo si fa anche documentaristica; diventa però opinabile se portata agli estremi, come accade per il personaggio del Marchese di Queensberry, che non avrebbe bisogno di così tanta enfasi: il semplice testo lo fa apparire il tipo spregevole che è stato.