Lirica
ATTILA

La forza della spada

La forza della spada

Le radici del nostro essere Italiani e della nostra identità di popolo, frutto di un coacervo simbiotico fra l'elemento romano e quello germanico, risalgono proprio a quella tarda antichità che tanto affascinò pittori e scrittori romantici. Certamente anche per questa consapevolezza Verdi si gettò con passione sulla stesura di Attila, opera in cui egli tenta, rispetto al passato, uno scavo più profondo dell'intimo dei suoi personaggi, con un occhio di riguardo non solo per il punto di vista affettivo, ma anche e soprattutto per quello politico, il quale portava inevitabilmente il pubblico dell'epoca ad un facile processo di identificazione. Il barbaro in questo contesto è però l'unico, al contrario dei Romani, a mantenere intatta la fede nei valori primari, compreso quello del rispetto del nemico, e a percepire il terrore del sacro, rimanendo la figura empaticamente più vicina a chi si trova fra il pubblico, a fronte delle doppiezze di Ezio, della fragilità di Foresto e dell'ossessività di pensiero tipica di Odabella.

Daniele Abbado punta tutto sul simbolo, lasciando spazio all'immaginazione. La scenografia di Gianni Carluccio consiste in una grande scatola contenitore dai colori ferrigni che suggerisce la presenza di muri di mattoni logorati dallo scorrere del tempo e cui lo scenografo ben uniforma le luci, spesso fredde e di taglio, e i costumi ti tipo militare da lui stesso curati insieme a Daniela Cernigliano. Pochi gli arredi scenici, alcune statue di uomini rannicchiati visti di schiena, una serie di funi che scendono dall'alto cui vengono legati prigionieri o sospese delle travi, alcuni elementi architettonici che richiamano un'abside, e due campane a simboleggiare la fede, una piccola che compare durante l'intervento degli eremiti e una maggiore che si palesa contemporaneamente al sopraggiungere in scena di Leone.

Superlativa la direzione di Michele Mariotti, vibrante e intenso nel sottolineare quella tensione naturalistica che permea vari momenti della partitura, sonoro ma mai ridondante nelle scene d'insieme, splendidamente introspettivo nei momenti di ripiegamento interiore, in una costante attenzione all'unità e alla complessità del tessuto musicale che rende ancor più mirabile il preziosismo di una lettura dell'opera pressoché scevra da afflati patriottici.

Nel ruolo del titolo Ildebrando D'Arcangelo è stato sostituito, dopo l'esecuzione del Prologo per un improvviso calo di voce, da Riccardo Zanellato che ha portato a termine lo spettacolo in sua sostituzione: la voce di Zanellato è ampia e solida in tutti i registri; il timbro autorevole e l'emissione naturalissima sono in perfetta sintonia con la franchezza e la lealtà del personaggio, la linea di canto appare piacevolmente uniforme. Sua antagonista è la fierissima Odabella di Maria Josè Siri, voluminosa nei centri, dall'acuto sicuro e squillante e dal timbro gradevolmente corposo, che ha saputo magistralmente tratteggiare la figura di una donna guerriera e volitiva, totalmente concentrata sul proprio desiderio di vendetta e sul senso di colpa che la tormenta. Simone Piazzola è un Ezio di gusto, elegante nell'emissione, tecnicamente impeccabile e dal colore piacevolmente brunito. Fabio Sartori incarna un Foresto intenso e passionale, dalla voce rotonda e piena, svettante nel registro superiore. Una menzione particolare per il Leone di Antonio Di Matteo che esibisce uno strumento particolarmente gradevole, scuro e ricco di armonici. Adeguato anche l'Uldino di Gianluca Floris. Ottima la prova del Coro del Comunale che ha brillato per compattezza e coesione.

Straordinario successo di pubblico che ha tributato a tutti vere e proprie ovazioni sul finale, oltre al molti applausi a scena aperta.

Visto il 31-01-2015
al Comunale - Sala Bibiena di Bologna (BO)