In un’anonima camera da letto un’anziana donna trascorre quelle che dovrebbero essere le sue ultime ore. Un uomo di mezza età si presenta come il suo quasi sconosciuto nipote per accompagnarla verso quello che egli crede sia il suo imminente trapasso. Ma passano i giorni, le settimane ed i mesi, e quella che per l’uomo doveva essere una breve permanenza diventa una coabitazione obbligata. Un’occasione, però, perché egli possa raccontare se stesso, le sue frustrazioni, la sua rabbia, il suo fallimento ad un’ascoltatrice muta, che subisce anche le sue angherie di piccolo uomo arido, tradito da una vita irrisolta e fino a quel momento senza scopi e senza amore. Ma poi ecco che avviene l’imprevedibile.
Questa, in poche righe, la sinossi di un testo che difficilmente lascia indifferenti, “Auntie and me” , ovvero “Mia zia ed io”, dello scrittore canadese Morris Panich. Un testo cattivo, graffiante, ironico e malinconico, una vera “black comedy” di cui il regista Fortunato Cerlino ha saputo perspicacemente far emergere le pieghe più amare quanto quelle più spiccatamente umoristiche, mettendo a frutto il suo amore per Anton Cechov, nel tratteggiare il dolore di vivere, la disperazione ed il disagio, attraverso il paradosso, dei personaggi che Panich stesso ha tratteggiato quali eredi naturali di quelli che un secolo fa creò l’autore di “ZioVanja”.
Un risultato eccellente che non può, assolutamente, trascendere dalla splendida prova dei due bravissimi attori che vestono i panni dei protagonisti. Alessandro Benvenuti è l’ interprete ideale di questo uomo che, proprio come zio Vanja, si sente in credito con una vita che non gli ha riservato nulla di quanto da lui desiderato, e come Vanja medita propositi violenti, addirittura autolesionisti, che finiscono in ridicoli ulteriori fallimenti, ed anche la partenza, come quella che progettano le cecoviane tre sorelle, sarà una partenza agognata ma non realizzata. Di tutto ciò Benvenuti offre una grande prova d’attore grazie alle sue ben note qualità di interprete dall’incisivo umorismo nero. Accanto a lui una straordinaria (ma questo termine rischia, in questo caso, di sembrare addirittura riduttivo) Barbara Valmorin. Non sappiamo quante attrici della sua levatura avrebbero accettato un personaggio che in un’ora e mezza circa emette solo tre battute, apparentemente nemmeno incisive, ma sappiamo che forse nessuna quanto lei sarebbe riuscita a riempire i silenzi con una recitazione fatta di gesti, sguardi e sfumature che, senza nessuna sottolineatura ne’ alcun eccesso espressivo, hanno regalato allo spettatore emozioni a cui forse si sta disabituando, le emozioni vere che solo la grande arte riesce ancora a dare.
Visto il
07-01-2010
al
Mercadante - sala Ridotto
di Napoli
(NA)