L’allestimento è semplice, misurato, ma congeniale al plot. La regia di Beppe De Tomasi, ripresa per l’occasione da Renato Bonajuto, si mostra accorta nel muovere abilmente i personaggi in scena
Un Barbiere di Siviglia ironico ma senza eccessi, quello andato in scena a Par-ma come secondo titolo in cartellone della stagione 2019: un Barbiere in cui la grande capacità in-terpretativa dei protagonisti ha giocato un ruolo fondamentale per la buona riuscita dello spetta-colo.
Ferro battuto
L’allestimento è semplice, misurato, ma congeniale al plot. Le scene di Poppi Ranche-ti consistono essenzialmente in una grande struttura in ferro battuto, con motivi a racemi e vetrate smerigliate, che funge sia da interno sia da esterno della casa di Don Bartolo. La regia di Beppe De Tomasi, ripresa per l’occasione da Renato Bonajuto, si mostra ac-corta nel muovere i personaggi evitando abilmente, come talvolta accade, di farli diventare delle macchiette. Belli i costumi di fine XVIII secolo ideati da Artemio Cabassi.
Un cast di ottimo livello
Xabier Anduaga veste i panni di un effervescente Conte d’Almaviva: il timbro è limpido, seppur inficiato da un retrogusto un poco nasale, lo squillo facile e sicuro, il volume rag-guardevole, l’emissione sempre ben gestita. Forse vi è qualcosa da migliorare a livello di dizione, ma si tratta di un particolare pressoché insignificante.
Straordinaria, al suo fianco, Chiara Amarù, che, sebbene indisposta, è stata in grado di gestire al meglio la performance. La sua Rosina è una fanciulla ribelle, mai sottomessa, capace di mettere del pepe in ogni gesto, anche solo attraverso uno sguardo. L’emissione è precisissima, l’acuto sempre a fuoco, le agilità e le fioriture naturalissime, l’interpretazione del personaggio di alto livello. Simone Del Savio è un credibilissimo Don Bartolo, misurato nella sua comicità, ma for-se proprio per questo a tratti davvero esilarante. La voce è robusta e ben modulata grazie a un no-tevole gusto musicale.
Molto applaudito il giovialissimo Figaro di Mario Cassi che, con la sua energia e di-sinvoltura, diviene davvero il motore e il centro dell’azione. A livello vocale vanno sottolineate sia la facilità nell’acuto, unita ad un volume corposo e non indifferente, sia la piacevolezza del timbro molto ricco di armonici. Inevitabile, con queste premesse, il bis della cavatina. Bravissimo anche
Roberto Tagliavini nel rendere un contegnoso, e proprio per questo divertente, Don Basilio; la gestione dei fiati è ottima, soprattutto nell’aria “della calunnia” e la voce è rotonda e ricca di sfumature.
Eleonora Bellocci è una Berta davvero poco senescente, ma precisa nell’esecuzione della sua aria e sempre perfettamente a fuoco.
Ottimi tutti i comprimari: Lorenzo Barbieri (Fiorello) e Giovanni Bellavia (Ufficiale). Corretta, ma forse non sempre molto ricca di brio, la direzione di Alessandro D’Agostini il quale cerca sempre di gettare un occhio accorto al palcoscenico, ma finisce per staccare tempi un poco distesi così da porre scarsamente l’accento su alcune dinamiche.