La scena, completamente vuota, accoglie gli spettatori, che riempiono il teatro in ogni ordine di posto, per assistere a BILAL, Nessun viaggiatore è straniero, uno spettacolo di narrazione intenso e, a volte, crudo, diretto. Il testo nasce da una rielaborazione del racconto che Fabrizio Gatti ha riportato viaggiando in prima persona dall'Africa all'Europa, sulle rotte clandestine degli uomini e delle donne che cercano ad ogni costo una vita diversa, più umana, lontana dalla violenza e dall'assenza di diritti che ancora oggi è purtroppo quella africana.
La regia è di Annalisa Bianco ed in scena primeggia l'inesauribile Leonardo Capuano, attore creatore sopraffino, dalla presenza magnetica e detentore di rare qualità, quali ascolto e precisione. Tra registrazioni audio, pochissimi oggetti (due valigie ed una tanica d'acqua), si dipinge di fronte ai nostri occhi l'evocazione di una disperazione attuale, attraverso le storie di uomini e donne che vogliono raggiungere una salvezza difficile da ottenere perchè durante il viaggio vessazioni, difficoltà dei mezzi di trasporto, condizioni disumane nella traversata del deserto si abbattono inesorabili sui quei ragazzi inermi che cercano la via per l'Europa.
Il testo spesso propone scene di un'intensità e crudezza inusitata, ma sono l'unico mezzo per poter descrivere la realtà che i migranti devono subire per poter sperare in una vita degna di essere vissuta. La regia di Annalisa Bianco e le soluzioni adottate - tra racconto in prima persona dell'autore, il punto di vista di Bilal e la rappresentazione della superficialità con cui in Occidente vengono diffuse e raccontate le storie di quei ragazzi - ottengono l'effetto di un'empatia evidente, immediata, riuscendo nell'impresa di comunicare quelle tragedie con l'efficacia aumentata del mezzo teatrale.
In definitiva lo spettacolo è una semplice narrazione evocativa del viaggio, con pochissimi segni e simboli, senza soluzioni di eccessiva meraviglia, tranne la scena - straniante nel suo cinismo - del giornalista che registra la notizia del naufragio degli immigrati giocando nello studio televisivo senza un briciolo di empatia con la tragedia. Il teatro diventa in questo caso l'unica modalità di mettere in contatto vero le persone con la profonda disperazione di chi tenta un viaggio così straziante.