Blink, di Phil Porter, è l’agrodolce storia d’amore di Jonah (Matteo Sintucci) e Sophie (Celeste Gugliandolo).
Lui è fuggito dalla severa comunità religiosa nella quale è nato e cresciuto, con un gruzzolo di sterline che, la madre, prima di morire, gli ha lasciato sotto terra. Lei, dopo la morte di suo padre, si rende conto di rischiare di diventare progressivamente invisibile per il mondo che la circonda.
I due non si conoscono, ma oltre alla morte dei rispettivi genitori, in comune hanno una serie di piccole cose, soprattutto la paura di affrontare il mondo esterno. A dividerli, in una Londra frenetica, quanto anonima, due rampe di scale e il pianerottolo dove si trovano i due appartamenti, in cui trascorrono gran parte delle le loro vuote esistenze.
A unirli, un monitor che Sophie consegna a Jonah, che si ritrova a osservarla in ogni momento del giorno. Guardare ed essere guardati diventa la “soluzione” all’invisibilità cui i due protagonisti sembrano destinati. Jonah segue Sophie anche in quei rari momenti trascorsi all’esterno dei rispettivi appartamenti, finché un giorno la ragazza rimane vittima di un incidente. Da quel momento, i due decidono di elevare il loro rapporto a un “livello superiore” e cominciano a frequentarsi, imbarcandosi in una storia d’amore. Salvo rendersi conto, nel momento in cui tutto torna come prima, che le loro esistenze si completano anche solo attraverso il filtro di un monitor…
Un testo molto ricco di "materiale", nella parte iniziale, al punto che ci si aspetterebbe un climax che non arriva mai (probabilmente perché non necessario), generando un inesorabile calo di ritmo nello spettacolo, nonostante la sicurezza dei due protagonisti e la loro capacità di mettersi in gioco interpretando, attraverso veloci espedienti, anche i ruoli minori presenti nel testo.
Le capacità interpretative dei due attori in scena completano i rispettivi personaggi: la distaccata consapevolezza di Celeste Gugliandolo “incontra” la trascinante e caustica autoironia – tipicamente nerd - con cui Matteo Sintucci (che nel finale sfodera piacevoli doti vocali, accompagnandosi dal vivo alla chitarra, ndr.) descrive dettagliatamente fatti, sentimenti e stati d’animo.
La regia di Mauro Parrinello è “intima” e si concentra soprattutto sugli aspetti teatrali, dalle luci agli elementi presenti in scena.