Danza
BOLERO DEL DRAGO ROSSO / FRATELLI D’ITALIA!

Un doppio spettacolo ad alta caratura.

Un doppio spettacolo ad alta caratura.

Bolero del drago Rosso (presentato per la prima volta a Roma all'Eliseo Cafè, nel 2006) è un'elegante e seducente performance danzata nella quale l'expertise della danzatrice con background Butô Caterina Genta si coniuga con quello musicale di Marco Schiavoni che suona la Gu-Jang (l'arpa cinese) non solo secondo le tecniche della tradizione ma anche come fosse un moderno strumento a corde.
Ne ottiene un suono psichedelico, ipnotico che ben si addice alla danza per micro-spostamenti continui della danzatrice che si muove davanti uno schermo sul quale delle proiezioni video da diverse angolazioni disegnano luci colori e forme sulla tela dello schermo e, anche, sul corpo della performer.
Sebbene la videoproiezione sia registrata instaura con la musica e con la danza un'intima corrispondenza come se anche le forme colorate prendessero vita all'impronta come la musica. Genta non smette mai di muoversi e di danzare con un'energia notevole che solo la disciplina Butô non rende evidente come le coreografie occidentali, senza che questi infici lo sforzo (l'energia) o la bravura della interprete.
Un'istallazione-performance nel ritmo della quale si entra con piacevole meraviglia e che si abbandona con altrettanta naturalezza e un pizzico di nostalgia.

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Dino Verga ci ha abituati a coreografie che hanno la vocazione della pièce teatrale, come in Fiori Malati tanto per citarne una.
Con Fratelli d'Italia, costruita su un colto florilegio di testi italiani (da Flaiano a Pasolini, da Natalia Ginzburg alla nota di suicidio di Luigi Tenco) coi quali  delinea un profilo del Paese e dei suoi abitanti, Dino Verga si espone come non mai e non solo perchè torna sul palco a danzare senza limitarsi a firmare la coreografia - oltre che col consueto Luca Russo anche con Luca della Corte (giovanissimo danzatore che nella compagnia di Dino e Luca è cresciuto notevolmente). Verga ci parla di sé, anzi, di noi e ci dice cosa pensa di noi italiani, e dunque anche di sé,  in un pensiero che intreccia con quello di tanti nomi illustri di cui cita brani più o meno famosi senza rischio di sembrare presuntuoso perchè a controbilanciare il peso della parola dei tanti nomi celebri citati Dino Verga ci mette la sua danza e il conto allora non solo si pareggia ma va appieno a suo favore.
La sua ricerca coreografica segna con Fratelli d'Italia al contempo il culmine di un percorso di ricerca e l'inizio di un percorso nuovo, di una nuova ricerca coreutica.
Verga riprende molti elementi caratteristici della sua danza:  la modularità delle sue coreografie, organizzate per singoli danzatori, per coppie o per un numero maggiore, dove  la coreografia trova sempre diverse sponde di riverbero e presenta una specularità del movimento secondo assi di simmetria che cambiano anche nello stesso quadro;
i passi  a due che non sono presentati secondo i canoni sessisti del porteur ma anche quelli della porteuse e dove l'intercambiabilità dei ruoli tra danzatore e danzatrice, pur non eliminando la differenza dei corpi diversamente sessuati ne esalta magnificamente le potenzialità espressive distinguendole e confrontandole dando loro pari dignità;
la ricerca del movimento plastico delle braccia, uno dei suoi segni distintivi - e l'elenco naturalmente potrebbe continuare a lungo - tutti questi elementi stavolta vengono atomizzati in una coreografia caratterizzata dal continuo andare e venire dalla scena e verso la scena dei suoi danzatori e danzatrici  senza soluzione di continuità mentre la coreografia diventa anche commento esplicito di quanto viene letto.
Come sempre attento alla partitura musicale, che compila e pensa in prima persona, stavolta Verga si è affidato  al Mario Schiavoni che agisce su una doppia selezione live, una su base pre-registrata e modificata dal vivo tramite pc e l'altra eseguita dal vivo su tastiera. Memorabile, tra gli altri momenti, la squisita rilettura del nostro inno patriottico al quale vengono sovrapposti i rumori da cartone animato che sottolineano la performance buffa e competitiva dei danzatori e danzatrici che, in  scena, si atteggiano italicamente come personaggi televisivi che cercano di emergere e prevalere gli uni sulle altre atteggiandosi a veline (e velini) cercando la gloria individuale sacrificandola al lavoro di gruppo, uno dei momenti più ironici e divertenti dello spettacolo.
Ancora una volta Dino Verga ci regala in una sola coreografia materiali, suggestioni e partiture coreutiche intimamente legate alla musica e movimenti che potrebbero servire per diversi spettacoli, ma l'aridità e l'austerità non sono mai state nelle sue corde.
Fratelli d'Italia si offre così in tutta la sua lussureggiante e vitale energia fino all'amaro ma inevitabile  epilogo nel quale Dino Verga sembra rinunciare alla propria italianità e dati i recenti trascorsi sui tagli delittuosi alla cultura inferti al Paese nella generale indifferenza popolare come dargli torto?

Visto il 17-11-2011
al Furio Camillo di Roma (RM)