Danza
BOTHANICA

L'incanto di Bothanica firmato Pendleton

L'incanto di Bothanica firmato Pendleton
Un conto è parlare dei Momix, tutt’altro è vederli dal vivo e restarne soggiogati, ammaliati da quella bravura che rasenta l’impudicizia, abituati come siamo a dilettanti allo sbaraglio che vincono tutto grazie a raccomandazioni o chi sa a cosa d’altro. Qui no: la seduzione dell’atmosfera lenta e precisa, le musiche evocative, le proiezioni geniali che accompagnano ogni singolo istante, in modo da coordinare pensiero ad emozione, tutto ci urla il talento, il lavoro maniacale di una vita, l’eccellenza di ogni singolo partecipante alla entusiasmante avventura di qualsiasi spettacolo ideato e diretto da Moses Pendleton. Il nome biblico non lo impensierisce quando nasce e cresce in una fattoria del Vermont e impara a usare il proprio corpo in sintonia con cavalli, mandrie e altro ancora. Ama le sue montagne e diventa campione di sci di fondo, da ragazzo, prima ancora di laurearsi in letteratura inglese. Ma la passione per un teatro di nuova generazione, negli anni ’70, lo porta a fondare assieme ad un amico, Jonathan Wolken, un gruppo specialissimi, il Pilobolus Dance Theatre. Ci mette poco a conquistare le platee del mondo intero con acrobazie combinate all’immaginazione più sfrenata ma consapevole, sempre monitorata da riprese video durante le prove e le improvvisazioni, in modo da rifinire e perfezionare ancor più ogni singolo gesto, ogni movimento di muscolo, tendine, espressione facciale. La Compagnia Momix nasce nel 1980 e la danza continua ad appassionare il grande artista americano, che si appassiona alle contaminazioni del dadaismo di Picabia, dell’arte russa prodotta da Mussorgskij e lavora per conto terzi creando coreografie per balletti in tutta Europa. Non si può trascurare di ricordare chi ha inventato i Momix perché vedere questo straordinario spettacolo, attualmente al Teatro Nuovo di Milano fino a domenica 28 marzo va interpretata e compreso perché nulla è lasciato al caso: Bothanica, questa sua ultima produzione, porta sul palcoscenico una diecina di danzatori-acrobati-interpreti, muti ma capaci di mostrare come in un film intere sequenze di storie. Dedicato alle quattro stagioni suddivise in due tempi, prima l’inverno-primavera poi l’estate-autunno, lo spettacolo parte da un’aurora che rappresenta la fine dell’inverno, con ghiacciai di sfondo che accolgono ai loro piedi maree di neve e vento. Spuntano quindi alcuni boccioli, stormi d’uccelli si librano nei cieli, appare la fantasia di fiori dalle corolle che si trasformano in leziosi cappellini e poi gonnelle ma i volti bellissimi delle giovani ballerine all’interno sono proprio quelli dei fiori che vogliono rappresentare. E’ poi la volta di un fantastico scheletro gigantesco, capace di sollevarsi in piedi e di portare in groppa una leggiadra ragazza che dapprima gioca col mostruoso essere ma pare poi incuriosita da un uomo abbandonato, dormiente, su una roccia. Lo scheletro a forma di animale preistorico la ucciderà e l’uomo non potrà salvarla, costretto dalla roccia, che diventa vivente e lo ghermisce, a stare solo a guardare. Ogni corpo appare per quello che è, spesso ci sono corpi seminudi e la loro bellezza è tale da non apparire mai volgare né provocante. Sono semplicemente magnifici, quei corpi, al massimo possono fare un po’ d’invidia per la loro perfezione. Cinque femmine e cinque maschi, ognuno con una caratteristica propria, sono sempre perfettamente in grado di muoversi all’unisono, dando vita alle immagini di sogni vegetali, di flora e fauna, di creature della natura le cui caratteristiche sono perfezione e bellezza, davanti agli occhi sbalorditi degli spettatori. L’assolo di una giovane poggiata su uno specchio trascina il pubblico che ormai applaude a scena aperta e non si sazia di ogni nuovo movimento, di ogni cambio di fondale, di costumi sempre aderenti ai soggetti evocati dai movimenti, dalle luci, dai colori e dalle musiche. Quando inizia il secondo tempo, gli spettatori sono ormai in totale balia dei dieci esecutori e di un gioco che serve a riempire gli occhi di piacere, ad emozionare come all’ascolto di una poesia incantevole, che seduce per genialità e struttura. Quando si arriva al termine, i ballerini e le ballerine hanno stampato sui volti un sorriso che sembra indicare come quelle incredibili acrobazie siano state un gioco da ragazzi, come se la perfezione fosse quasi un puro caso e ci dice che loro si sono davvero tanto divertiti. Lasciano la sensazione di poter contare ancora su cose fatte bene, con piacere, per piacere e per condividere la felicità che solo i grandi maestri sanno offrire senza sosta a tutti, col loro lavoro di cesello e di genio. Oggi tutti giovani e belli, gli interpreti dell’opera di Moses Pendleton godono dell’assistenza di uno stuolo di artisti straordinari, come Tsarra Bequette, Jennifer Chicheportiche, Joshua Christopher, Simona Di Tucci, Jonathan Eden, Donatello Iacobellis, Robert Laqui, Steven MarshallL, Sarah Nachbauer e Cassandra Taylor.
Visto il 03-03-2010
al Nuovo di Milano (MI)