Luciano Melchionna aveva adattato Brokeback Mountain per l'edizione di Garofano Verde del 2002, quindi ben prima del successo internazionale dell'adattamento cinematografico di Ang Lee, e ora ripropone il suo spettacolo nella 15ma edizione della Rassegna che ospita alcuni degli spettacoli più significativi della sua storia.
Facciamo questa precisazione non solo per riconoscere la lungimiranza di Luciano Melchionna ma per togliere ogni dubbio sull'operazione che ha portato a teatro il racconto di Annie Proulx, non una scelta commerciale per sfruttarne il successo cinematografico, ma l'adattamento serio e sentito di una storia che racconta l'amore impossibile tra due giovanissimi cowboy nel Wyoming degli anni 60. Il racconto di Annie Proulx si sviluppa secondo un registro intimista che non si discosta dai (fin troppo) classici topoi del caso: sessualità negata, infelicità e morte violenta per uno dei due protagonisti. Una denuncia fin troppo tardiva (il testo è del 98) dell'omofobia dilagante negli Stati Uniti, che ha raccolto, però, gli entusiasmi sia della comunità gay sia di quella etero.
Melchionna si basa filologicamente sul testo, limitandosi a qualche breve taglio, ma ne mantiene descrizioni, commenti e dialoghi, sui quali costruisce l'azione scenica.
La storia è raccontata da un cowboy non più giovane (interpretato dall'intenso Giorgio Colangeli), già in scena mentre gli spettatori stanno ancora prendendo posto in sala (espediente comune a fin troppi spettacoli di questa rassegna...) che funge da voce narrante, coadiuvato da due attrici (Gaia Benassi e Clio Evans, niente Lidia Bernardi, nonostante il suo nome figuri sul cartellone) che interpretano i ruoli femminili, avvicendandosi saltuariamente anche come voci narranti, mentre Sandro Giordano e Valerio Morigi (che entra in scena con la camicia sbottonata mostrando un torso glabro) interpretano esclusivamente i due cowboy protagonisti, Jack e Annis.
Invece che una riscrittura drammaturgica Melchionna sceglie la strada più difficile della trasposizione diretta.
Il cowboy comincia il racconto, circondato dagli altri attori che, quando chiamati in causa, danno voce ai personaggi, agendo di fronte al cowboy-narratore, che assiste e poi riprende il racconto, componendo un contrappunto suggestivo tra momenti evocati e momenti mostrati della storia d'amore tra Jack e Annis, dal loro incontro sulle montagne di Brokeback ai successivi incontri saltuari, mentre le loro vite (nel frattempo si sono entrambi sposati) procedono altrove.
L'idea è elegante e permette alcune ricercatezze di regia (come far comportare Jack e Annis in maniera leggermente diversa da quel che, intanto, la voce narrante sta descrivendo). La presenza costante in scena del vecchio cowboy poi, anche nei momenti più drammatici delle vicissitudini, amorose e non, di Jack e Annis, permette allo spettacolo di mantenere la giusta distanza tra partecipazione e contemplazione di quanto accade. Melchionna ha l'intelligenza di non insistere sul registro realistico e non fa mai baciare i due attori o, peggio, mimare l'atto sessuale che, tanto, quando serve, è descritto dalla voce narrante, rendendo così tangibile la rimozione di un amore che trova modo di sfogarsi solamente nei sensi. Questo impianto narrativo permette a Melchionna di impiegare dei controscena, discretissimi ma efficaci, tra Jack e Annis, mentre il vecchio cowboy descrive il loro primo incontro, e, via via, quelli successivi, dando a intendere che i due personaggi hanno una vita che va al di là di quel che il testo racconta. Fino alla scena finale (che da sola vale tutto lo spettacolo) nella quale il corpo fantasmatico di Jack, ormai morto, forse ammazzato, abbraccia un invecchiato e solitario Annis, svelando il senso della presenza del cowboy non più giovane e legittimando la sua funzione di voce narrante: è Annis da vecchio a ricordare, raccontare, evocare, la storia del suo amore con Jack.
Una messa in scena audace, purtroppo non riuscita in pieno.
La natura del testo relega i personaggi femminili a poche, troppo poche battute, costringendo le due attrici a lunghissimi e umilianti pause, che inducono lo spettatore a chiedersi il perché della loro presenza sul palcoscenico. Melchionna cerca di risolvere il problema dando loro un secondo ruolo, facendole alternare anche come voce narrante, ma questo avviene pochissime volte, sortendo solamente l'effetto di sottolineare il carattere superfluo della loro presenza.
Forse intimidito dalla sua stessa audacia Melchionna isola i passaggi dal racconto (del vecchio cowboy) alla scena diretta (degli altri attori) per cui lo spettacolo appare ingessato, come se cowboy-narratore e personaggi del racconto si dessero reciprocamente fastidio nello svolgimento della propria funzione narrativa ignorandosi invece di confrontarsi in un rimando metatestuale che avrebbe giovato alla messa in scena. Così com'è la trasposizione, troppo preoccupata nel rimanere fedele alla sua fonte letteraria, tranne che in alcuni momenti (i controscena di cui si è detto, e il delicatissimo e memorabile finale), rischia di ridursi a una lettura radiofonica: lo spettacolo può essere agevolmente seguito col solo orecchio senza che l'occhio (tranne le eccezioni di cui si è detto) possa trovare nella messa in scena elementi altri che contribuiscano al racconto. Di più, che giustifichi la trasposizione teatrale del testo letterario.
Lo diciamo con tutto il rispetto per l'allestimento scenico e il riconoscimento per gli attori che sostengono lo spettacolo e, soprattutto, con rammarico, per un'operazione ardita che avrebbe meritato una riuscita migliore di quella che ha ottenuto.
Prosa
BROKEBACK MOUNTAIN
Luciano Melchionna aveva adat…
Visto il
al
Belli
di Roma
(RM)