Macerata, Arena Sferisterio (sala dell’ex cinema), “Buchettino” da Charles Perrault
ASCOLTARE MOLTO E PARLARE POCO
Lo spettatore viene invitato ad entrare in uno stanzone quasi buio con un forte odore di legno ed altri materiali naturali, una voce dice “Prego, bambini, accomodatevi” (ho avuto la fortuna di assistere ad una replica con due classi di scuola media inferiore, dunque proprio con quei bambini a cui lo spettacolo si indirizza). Accomodatevi significa stendersi sui piccoli letti stipati nello spazio, direi anzi stivati, perché si ha l’impressione di essere nella stiva di una nave. Anche io mi stendo sotto le coperte e appoggio la testa sul cuscino. La narratrice inizia, “C’era una volta…”, ha un libro rosso sulle ginocchia ed è seduta su uno sgabello sotto un’unica fioca lampadina. Racconta la storia di Pollicino, che qui si chiama Buchettino poiché è talmente piccino che entra in tutti i buchi, delle peripezie per salvare sé ed i fratelli da morte certa nella foresta (dove li hanno abbandonati i genitori senza cuore), fino all’inevitabile e salvifico lieto fine. La narratrice (una bravissima Monica Demuru) è così abile che riesce ad essere tutti i personaggi della storia, il padre e la madre, Buchettino ed i sei fratelli, l’orco e sua moglie, ognuno con voce e intonazione diversa. Il mondo è fuori. Ma la novità e la genialità dello spettacolo stanno nel fatto che mentre la narratrice racconta la storia, una tempesta di suoni e rumori avvolge la grande camera da letto, magicamente si ode la traccia acustica di tutto quello che viene narrato e che dunque sembra accadere fuori dalla camera. Si acuisce il senso dell’udito (anche per la poca luce), ma non è importante vedere, quanto ascoltare, come si dice di Buchettino, che ascoltava molto e parlava poco: per questo pensavano che fosse un po’ scemo, ma poi si scopre alla fine della storia che era più intelligente degli altri, poiché il suo silenzio era indice di sottigliezza di spirito. Ecco allora rumori di passi, il gallo che canta, la pioggia che scroscia, il bussare sul portone, i chiavistelli che si aprono. La camera funziona come una grande cassa di risonanza per i rumori, ma non solo: le travi del soffitto scricchiolano sotto i passi pesanti dell’orco, la lampadina dondola come impazzita nel momento di maggior tensione nella casa dell’orco, rendendo gli spettatori nei letti partecipi. Eppure il mondo è fuori, il male resta fuori. Le forze dall’esterno non hanno il sopravvento. Ci si sente sempre protetti nella propria camera da letto. Dentro c’è il sapere le cose passate, fuori il provare le cose presenti. In solitudine, in comunione. Alla fine si è costretti ad alzarsi e ad uscire, emozionati da questa geniale creazione della Socìetas Raffaello Sanzio, che ha profondamente rinnovato il teatro ragazzi.
FRANCESCO RAPACCIONI
Buchettino, visto a Macerata, sala ex cinema dell’Arena Sferisterio, il 25 febbraio 2005.
Visto il
al
Diego Fabbri
di Forlì
(FC)