E’ la musica che accende la miccia dello spettacolo presentato alla Biennale in prima italiana: da Beethoven a Stockhausen, passando per Schönberg, Meredith Monk e perfino Perotinus. “Con la musica non si può mai essere sicuri”, dichiara al pubblico uno degli interpreti di Built to last rompendo d’improvviso la quarta parete e instaurando così un dialogo con la platea che andrà avanti a più riprese per tutta la performance.
Ed è così: l’intero spettacolo è una continua risposta emotiva alle provocazioni musicali, la musica forza e costringe all’adattamento, forme nuove prendono vita e da un piccolo sguardo o movimenti minimi si possono generare figure iconografiche dalla tensione inaspettata. I due uomini e le tre donne in scena si muovono assecondando la musica fino a crescendo parossistici, mutuando forme di umanità ancestrali, lottando come animali dalle protesi equine, cercando rifugio sotto coltri che sono sacchi per la spazzatura.
Meg Stuart
Costruito per durare
Lo scheletro di un dinosauro che i danzatori smontano e ricompongono in modo arbitrario, una macchina sospesa che si muove come il sistema solare, una teca in cui i protagonisti trovano posto come in un’esposizione a metà tra l’arcaico e il futuribile: è questa l’eterna ambiguità dell’umano, l’aver fede in valori eterni e nell’universalità, ma sentire l’urgenza di reinventarsi continuamente, prima che l’eternità in cui crediamo scada senz’appello. E’ un’umanità dolente e scomoda quella che si muove in scena, in ginocchio o a quattro zampe, in piedi o curva, che cade e si rialza, si sostiene e si abbandona, un’umanità che reagisce ma che porta in sé l’assoluta consapevolezza della morte prossima ventura.
E di fronte alla morte bisogna mantenere l’ironia, perché la condizione umana è di per sé ridicola nel suo continuo gioco all’elastico tra frenesia di vivere e immancabile fallimento. Built to last, dunque, mantiene toni leggeri e strappa perfino qualche risata, i volti disincantati dei danzatori ne sono la prova migliore. Finché un’ultima alba, con le luci di scena che investono la platea, ricongiunge tutti alla terra. Ma anche morire può rivelarsi un continuo adattarsi, una ricerca di nuovi movimenti: succede così che ognuno dei danzatori, dopo essersi disteso di schiena, sceglierà invece di sistemarsi a faccia in giù mentre il buio segna la fine.
Spettacolo: Built to last
Visto al Teatro alle Tese Biennale Danza 2018 di Venezia.