Ricchioni e omicidi?
Anna e Beatrice sono due travestiti del sud. Due ricchioni amici e solidali. Ad Anna è appena stato diagosticato l'aids ma, non (ri)conoscendo nemmeno il nome della sindrome, lo chiama Aidi mentre Beatrice, che sta su una sedia a rotelle, crede che Anna sia incinta. Parlano. Alludono. Cantano (accompagnati alla fisarmonica da Francesca Palombo). Ricordano. Antichi amori. Recenti offese. Si spaventano per una telefonata che non vogliono ricevere. Costanzo, il grande amore di Beatrice, è stato licenziato, perchè lei lo è andata a trovare a lavoro nonostate lui si sia raccomandato di non farlo. Costanzo le ha sputato in faccia e il giorno dopo era disoccupato. Per questo non le parla più. E' pallido, silenzioso e non si muove. Almeno così dicono. Perchè Costanzo in scena non compare. Come due bambine Anna e Beatrice progettano uno scherzo, Beatrice si fingerà ferita e Anna chiamerà la polizia sperando che Costanzo esca così dal mutismo. Ma la polizia cerca i due travestiti a quanto pare per un omicidio appena commesso...
Anna e Beatrice hanno apparentemente la statura della maschera tragica pur essendo i protagonisti di un'opera buffa. Rappresnetano i figli del discredito e del disprezzo popolare, che sognano un'altra vita, un oltre che non hanno mai conosciuto e del quale sentono comunque un'immensa nostalgia. Una saudage, che è la mancanza di qualcosa che non si ha mai avuto, che ben incarna la loro condizione di travestiti, di ricchioni che traducono cioè il proprio orientamento sessuale omoerotico in una identità sessuale altra, agognata e impossibile da raggiungere. Anna e Beatrice sono il simbolo di una naïveté e di una incapacità di affrontare, in un mondo pieno di stereotipi e pregiudizi, la propria omosessualità, abitando un immaginario collettivo che, per quanto intimamente omofobico, ben denuncia la marginalità in cui i ricchioni sono tenuti.
Ma questa marginalità è trasfigurata dal delirio di un delitto commesso, che costituisce il motore drammaturgico della piéce. Il travestititsmo, la paralisi di Beatrice, i ricordi di una infanzia in cui ci si scopre ricchioni, durante la quale Anna e Beatrice sentono nascere in loro una vera e propria seconda anima, anche la voglia del Brasile, simbolo di un esotismo che sentono loro malgrado di incarnare, cambiano tutti segno e significato al cambiare di punto di vista della drammaturgia. Luigi Tabita e Giuseppe L. Bonifati sono bravissimi e generosi nel dare corpo e voce a due omosessuali trasfigurati dalla tradizione partenopea del femminiello (cui si rifanno anche del dialetto) espressione di un mondo che non è più quello grottesco di due vite reiette e marginalizzate, come la piéce induce a credere all'inzio, ma quello sinistro del delirio omicida per mano di due anormali e patologci invertiti (tanto che arrivano ad autodefinirsi mezzi uomini e mezze donne) ignoranti e quasi senili nella loro insipienza.
Un capovolgimento di prospettiva, vero e proprio coup de théâtre, che conclude la piéce troppo frettolosamente per permettere allo spettatore di comprendere se le ragioni dell'omicidio siano da individuare nella disperazione piuttosto che nell'ignavia che sembra caratterizzare l'esistenza dei due travestiti.
Per cui alla fine della pièce ci si chiede un po' spaesati a cosa si sia assistito e perchè.
E il dubbio che il vero cuore drammaturgico dello spettacolo sia costituito da due personaggi esotici, pittoreschi e divertenti, a spese dei ricchioni, quelli veri, una volta sorto, non abbandona più...