Prosa
CALIGOLA

Il rosso della vasca da bagno…

Il rosso della vasca da bagno…
Il rosso della vasca da bagno, delle fragole,del vino, delle palline di plastica che ruotano, volano all’interno di una scenografia assolutamente essenziale, fatta di lucidi pannelli bianchi caldamente riempita dai sentimenti, dalle passioni, dalle grida, dalle risate, dai valzer che aleggiano nell’aria e che giungono al cuore durante lo spettacolo. Tutto questo (e molto altro) è Caligola, opera letteraria che il filosofo e scrittore esistenzialista francese Albert Camus scrisse nella Francia del dopoguerra (la versione definitiva risale al 1958) presentata dai Teatri Possibili. Ecco quindi la grande opportunità di vedere l’ideatore e fondatore Corrado D’Elia, impegnato in uno spettacolo del quale è regista in grado di creare scene tragiche, ironiche, sempre in movimento e che non “interpreta”, bensì "Vive", con tutta la passione, lo struggimento, il dolore, il trasporto, la disperazione. Un’opera che destò clamore rabbia e che subì dure critiche dalla sinistra francese, tra cui Sartre, per il suo metter in scena un imperatore crudele, assassino, violento, folle e despota alle prese con le sue pene d’amore, la sua solitudine fata di “denti che stridono” dovuta alla perdita della sua amata, se non che sorella, Drusilla e dalla presunzione di voler commuovere un pubblico e un popolo distrutto dalla guerra. Ed è un po’ su questo dualismo, tra il commovente trasporto di una tragedia d’amore e l’incapacità di credere che un essere malvagio, crudele, violento, un assassino senza scrupoli possa provare alcuna forma di amore. E’ come un' incapacità di indirizzare i sentimenti verso la dualità presente in Caligola, bambino indifeso, vittima del suo dolore e della sua follia omicida, uomo che “al posto del cuore non ha niente”, che trascorre le sue notti insonni per le “piaghe sanguinose della sua anima “ e che vive in una solitudine “infestata di fantasmi”, circondato da persone che non comprendono la sua sofferenza e gli ricordano che deve pensare al “tesoro”. E questo Caligola commuove, rattrista, fa sorgere nello spettatore il desiderio di abbracciarlo, di consolarlo, di fargli forza, essergli amico, asciugare le lacrime che sgorgano dagli occhi gonfi, quasi sempre socchiusi e sofferenti di Corrado D’Elia. Questa commozione però si trasforma in rabbia, disapprovazione, intolleranza e incomprensione, incalzata dalle musiche coinvolgenti che vanno di pari passo con le sensazioni, nei confronti di un Caligola crudele, un folle omicida, violento senza scrupoli, un depravato, cinico che “si sente solo quando non uccide” e che “vive bene in mezzo ai suoi morti” odiato, ma nello stesso tempo rispettato nella sua carica di imperatore, ma solamente per paura di essere da lui giustiziati, dal popolo romano vittima delle su follie omicide. Fra loro, anch’essi interpretati superbamente, vi è il suo antagonista Cherea (Gustavo La Volpe) che è in grado, grazie alla sua onestà e purezza di sentimenti di mettere Caligola di fronte alla verità, dicendogli apertamente quanto sia un personaggio “scomodo” a causa delle sue efferatezze gratuite e dell’incapacità di rappresentare il suo popolo. La vittima principale della personalità di Caligola è senza dubbio Cesonia, interpretata con sentimento, dolore, rassegnazione da Giovanna Rossi quale amante-madre capace di adattarsi ai diversi stati d’animo di Caligola, rimanendo in silenzio, sopportando con rassegnazione le sue crudeltà, vittima di un sentimento che nemmeno lei sa spiegarsi e dal quale forse vorrebbe scappare. Uno spettacolo che appassiona, coinvolge, che “ti rimane un po’ addosso” per la sua capacità di commuovere e smuovere le emozioni, ribadendo la straordinarietà e la bellezza del teatro. Milano, Teatro Libero. Fino al 21 Novembre.
Visto il
al Giacosa di Ivrea (TO)