"La musica è la festa della potenza della libertà, del corpo e dell'anima".
Misura, eleganza, padronanza. Affidiamo ad Angelo Branduardi, con un grande senso di soddisfazione per la ben riposta aspettativa, un alloro che sebbene avesse già saputo conquistare fin dai suoi esordi, oggi si arricchisce perfino di ulteriore stupore, di fronte ad una idea di concerto, come quella di Camminando, Camminando Tour 2015, che raccoglie e sintetizza un percorso artistico di grande rigore e libertà intellettuale. Il Teatro Bellini, dopo l'indimenticabile versione di qualche anno fa, "obbligatoriamente" acustica a causa di un improvviso black-out, ospita ancora il ricercatore Branduardi, il quale sempre di più incarna la figura affidabile di chi sa offrire soluzioni che sembrano scaturite da geniali visioni, ma la cui raffinatezza tecnica suggerisce invece che il percorso abbia attraversato anni ed anni anzitutto di tecnica e studio, e poi di comprensione dell'antico, grazie alla quale con la massima serenità sembra accogliere lo spettatore nel suo laboratorio di etnomusicologo, per far sembrare semplice, con un accenno, un modello melodico a intervallo unico (su cui ad esempio si struttura anche il ritornello di Alla fiera dell'est, basato su un intervallo di seconda).
Fra le idee magnifiche che strutturano questo concerto c'è il progetto di distinguere due modi dell'esperienza estetica: quello del dionisiaco, che fa riferimento al corpo, alla percussione, alla trance rituale; e quello del sublime, che attraversa i dedali dello spirito, le curve della melodia, ed è legato all'estasi mistica. Così se nella prima parte il percorso musicale si basa sull'esaltazione dell'elemento ritmico - non solo percussivo - nella seconda parte un accurato intervento di sottrazione mira a catturare il nucleo centrale del fatto musicale, liberando la melodia non soltanto della quadratura metrica, ma anche della scansione di alcune linee melodiche secondarie, e in qualche caso perfino dell'evidenza armonica.
Sei lampadari di cristallo formano il disegno sul palco, dove quattro musicisti come Michele Ascolese (chitarre) Stefano Olivato (basso e armonica), Leonardo Pieri (tastiere e fisarmonica) e Davide Ragazzoni (percussioni) affrontano subito Si può fare, Gulliver, Domenica e lunedì, La serie dei numeri e La ragazza e l'eremita, primi passi dell'antologia che precedono altri tre della straordinaria avventura francescana intrapresa quindici anni fa con l'album L'infinitamente piccolo (Il Cantico delle creature, Il sultano di Babilonia e la prostituta e La predica della Perfetta Letizia), prima del Ballo in fa diesis minore e di una versione de La pulce d'acqua condotta con un arricchimento musicale preponderante e totalizzante.
Nel secondo tempo, invece, si riascoltano con gioia composizioni preziose dell'epoca degli esordi: ben quattro canzoni di questo concerto provengono dall'album Alla fiera dell'est, l'ispiratissimo e raffinato disco che nel 1976 aprì a Branduardi le porte della fama internazionale. Così, dopo la sublime poesia delle Confessioni di un malandrino ("la prima canzone che ho scritto"), si dispiegano le armonie luminose di Sotto il tiglio: in questa esecuzione viene asciugata la linea melodica del clarino, cui nella versione originale era affidata anche l'introduzione, per far emergere la semplicità affettuosa della melodia del canto. Analogo lavoro di sottrazione su La favola degli aironi lascia la voce nuda senza il contrappunto degli strumenti; in questo caso la scelta mette in maggior risalto anche la bellezza lirica e sonora della parola. Verso la conclusione del concerto Branduardi propone tre brani dall'ultimo album Il rovo e la rosa, un'antologia di ballate elisabettiane riarrangiate secondo uno stile "pop"; un disco che ha un sapore soave ed antico, che ripercorre alcuni pezzi già esplorati da Branduardi nell'arco della sua storia artistica. Così Rosa di Galilea è un rifacimento - manco a dirlo, per sottrazione - della più famosa Il ciliegio del 1978; mentre Barbrie Allen attinge direttamente al materiale originario inglese il suo testo aspro e malinconico, che già nel 1983 aveva ispirato Piano piano in una versione più morbida e ritmata. In chiusura la struggente Lord Franklin lascia la sala col fiato sospeso fra i silenzi e le note in pianissimo di una melodia carica di nostalgia; un'esecuzione carica di sacralità, in magistrale consonanza con la vicenda del capitano inglese che si perse col suo equipaggio fra le banchine di ghiaccio del Canada.
Una complessità di struttura dell'offerta il cui risultato finale è la proposta, all'apparenza semplice, di brani la cui tensione sottostante fa intravedere il capolavoro concettuale della riduzione all'essenza: per far entrare il pubblico nel suo "giardino segreto, farlo levitare dalle poltrone del teatro e portarlo nel mezzo del nulla", l'artista riesce a disegnare senza un battere, senza un accordo ritenuto essenziale, ed in qualche modo riproduce quella stessa rarefazione che accompagna la sua abitudine a comporre all'alba, prima della luce, quando suoni e suggestioni riproducono echi, incanti ed avventure, in modo da far riemergere una memoria collettiva, prima che suscitare una reazione acustica.
Per gli aggiornamenti sul tour: https://www.angelobranduardi.it/ita/news.htm
La scaletta:
Si può fare
Domenica e lunedì
Gulliver
La serie dei numeri
Ballo in fa diesis minore
Cantico delle creature
Il sultano e la prostituta
La predica della Perfetta Letizia
La pulce d'acqua
Confessioni di un malandrino
La luna
Sotto il tiglio
Il dono del cervo
La favola degli aironi
La canzone di Aengus il vagabondo
Barbrie Allen
Il ciliegio
Lord Franklin
Cogli la prima mela
Cercando l'oro