L’idea di raccontare due mondi apparentemente lontani – quello della malavita organizzata e quello di una omosessualità guardata ancora con sfavore dalla società in cui viviamo – è il tratto caratterizzante di Camurria, breve ma intenso testo teatrale di Arnolfo Petri, messo in scena con la collaborazione registica di Angela di Maso e con la partecipazione sul palco – con una interessante interpretazione del difficile ruolo di Salvatore – di Gianfranco Lettera. Il testo descrive lo scontro tra due visioni dell’umanità che si consuma all’interno di una piccola e malsana cella del carcere di Secondigliano, luogo dove tutta la vicenda è ambientata: è qui che i due protagonisti della storia narrata – un ragazzo di malavita e un ex professore di liceo – iniziano a parlare delle proprie esperienze di vita, confessandosi reciprocamente verità che a lungo hanno nascosto anche a sé stessi. Totore e Marcello sono più vicini di quanto si possa immaginare: il dolore che entrambi patiscono rappresenta un terreno di emozioni comuni, un fardello da condividere in un luogo dove la solitudine rappresenta un senso spesso ricorrente.
La rappresentazione suscita una riflessione attenta su tematiche difficili da affrontare; è sicuramente questo uno dei punti di forza del testo: tutto è raccontato con grande sensibilità artistica e con una leggerezza che non si traduce mai in una banalizzazione della vicenda narrata. Sono molti i punti dello spettacolo in cui si ride: è in questi momenti che viene esalta la versatilità interpretativa di Arnolfo Petri, intenso e struggente ma anche ironico e divertente; inoltre l’attore non rinuncia – con grande gioia degli spettatori – a piccole parentesi recitative in forma di monologo all’interno di un testo in cui il dialogo tra i due personaggi delinea sulla scena una lotta fra opposte visioni della vita, quasi inconciliabili tra di loro.
Le scelte registiche sono cariche di significati simbolici: una goccia d’acqua che cade incessantemente in un secchio, una scritta sul muro fatta da qualcuno forse in un tempo lontano, luci che ad intermittenza illuminano il piccolo tugurio sono alcuni degli elementi scenografici che dipingono nel contempo i luoghi della storia e gli stati d’animo dei personaggi. Nulla è ed appare bello: eppure qualcosa di bello forse accade in un luogo così desolante per l’animo umano.
Visto il
26-03-2010
al
Il Primo
di Napoli
(NA)