Milano, teatro alla Scala, “Candide” di Leonard Bernstein
IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI: LA TELEVISIONE, I POLITICI IN MUTANDE, IL PIANETA TERRA A PEZZI
Nel Candide di Voltaire il sarcasmo contro l'ottimismo, già presente nel precedente Zadig, diviene scoperto e feroce. L'obiettivo polemico è la teoria di Leibniz secondo cui Dio ha scelto “il migliore tra i mondi possibili” e ogni male è tale solo per noi ma non nella economia del tutto.
Partito dalla fede spontanea, ma rafforzata dal maestro Pangloss, di vivere nel migliore dei mondi possibili, Candide, cacciato dal suo paradiso terrestre, conoscerà le più amare esperienze nel vecchio e nel nuovo mondo, in seguito alle quali sarà costretto a correggere il suo primitivo giudizio. Sulla sua strada incontra guerra ed assurde carneficine, la catastrofe del terremoto, la persecuzione dell'Inquisizione, le malattie, la schiavitù, la morte, l'infelicità quotidiana di tutti gli uomini. Egli stesso, derubato, perseguitato, costretto ad uccidere e sul punto di essere ucciso a sua volta, sperimenta l'infelicità della vita su se stesso.
Ma tutto ciò avviene attraverso mirabolanti e numerose avventure, a cui il tono ironico e grottesco toglie ogni aspetto di tragedia. Nella morale di Candide, “lavoriamo il nostro orto”, c'è la stanchezza delle dispute filosofiche, la rassegnazione all'infelicità come condizione ineluttabile, la convinzione che l'unico sollievo ai nostri mali è una ragionevole operosità, accompagnata dalla saggezza, che consiste nel non porsi troppe domande e nell'occuparsi degli affari propri.
Candide è una satira anarchica e pungente: politica, religione, guerra, ingiustizia sociale, libertà, sesso, sono solo alcuni dei pilastri che Voltaire fa crollare mentre traccia l'evoluzione del suo giovane eroe da innocente ottimista a disilluso realista. Robert Carsen rende piena giustizia all'irriverenza mordace, demolitrice ed irrefrenabile dell'originale, adattando insieme a Ian Burton il libretto di Hugh Wheeler. Diverte e funziona pienamente l'idea di mettere in parallelo la perdita dell'ottimismo da parte del protagonista con la perdita dell'ottimismo che gran parte del mondo prova nei confronti degli Stati Uniti. E, a dimostrazione del bisogno di mantenere la satira attuale, va detto che tutte le nuove produzioni di Candide hanno sempre alterato il contenuto e la struttura dell'opera di Leonard Bernstein e Lillian Hellman, un inno alla libertà di pensiero contro il soffocante maccartismo degli anni Cinquanta. Infatti Candide nel 1956 non si presentava come il prodotto di un teatro di evasione, ma si trattava di un lavoro “politico” vero e proprio, che sotto un'ironia apparentemente leggera, celava una rappresentazione sferzante e realistica dell'ipocrisia con cui l'uomo cerca di nascondere la propria natura e il vero fine delle sue azioni, politiche, economiche, sociali, sentimentali.
I parallelismi sono sorprendenti: la casa più importante della Wetsphalia (divenuta West-fallita è la Casa Bianca), guerre, “titanici” naufragi, terremoti, auto-da-fé e, su tutto, la scena, intelligente, briosa e divertente, della barcarolle dei cinque sovrani (peraltro mai messa in scena), dove Blair, Bush, Putin, Chirac e Berlusconi, in mutande (ognuno del colore della propria bandiera nazionale), galleggiano su un mare inondato di petrolio e rifiuti, se la suonano e se la cantano, alla faccia del popolo.
Tutto è inquadrato dalla televisione e, come in televisione, le scene cambiano in rapida sequenza, come se si passasse da un canale all'altro. La pièce è ancora attualissima e, dopo avere riso e sorriso, rimane, giustamente, l'amaro in bocca, quando, sul finale del migliore dei mondi possibili e del coltivare il proprio giardino, sfilano le immagini delle devastazioni provocate dall'uomo sulla Terra, quando lo spettacolo si era aperto con le immagini del “sogno americano” negli anni Cinquanta. Un pugno allo stomaco che rende risibili e sciocche le polemiche su Berlusconi in mutande, regolarmente in scena senza la paventata e oscurantista censura preventiva (seppure è scomparsa dall'originale una battuta sui preti pedofili). E dopo avere assistito impotente alle onde di petrolio sul mare, alle fabbriche inquinanti, al disboscamento selvaggio, ai ghiacciai che si sciolgono, al deserto in cui vagano popoli affamati e assetati, Voltaire-Lambert Wilson si volta verso il pubblico e chiede “Any question?”. Lo spettacolo finisce, ma non gli interrogativi, secondo il ruolo storico della satira. In coda alle risate.
Carsen confeziona uno spettacolo bello e intelligente, ironico e dissacrante, a cominciare dall'immagine di Voltaire imparruccato che indica il primo atto con il dito medio alzato. Uno spettacolo che offre un interessante (e preoccupante) spaccato dell'oggi, basato su segni chiari e forti e giocato sulla commistione tra vari linguaggi, dal cinema al teatro alla televisione. Di per sé la creazione di Bernstein è inclassificabile nel genere, esempio di eclettismo musicale, con un dichiarato gusto per citazioni, contrasti, contaminazioni, frutto di una cultura onnivora che spazia dal pop al colto, dall'antico al contemporaneo, la sua inafferrabile cifra stilistica.
John Axelrod dirige l'orchestra della Scala con energia e vivacità, seppure la struttura a numeri brevi e chiusi non consente omogeneità. Ottima la prova del coro, preparato da Bruno Casoni.
Nel cast spicca Lambert Wilson nel ruolo parlato di Voltaire (in costume settecentesco con parrucca) e in quelli cantati di Pangloss e Martin; il ruolo narrativo di Voltaire più esteso di quanto lo sia stato finora e risulta eccessivamente lungo, a svantaggio dell'azione scenica, nonostante la straordinaria bravura dell'attore, che recita in italiano senza esitazioni.
Aspra e spiritosa la Cunegonde di Anna Christy, bravissima nella parodia di Marilyn Monroe in “Diamonds are a girl's best friends”. A suo agio nella parte di Candide William Burden; strepitosa, soprattutto nell'inizio del secondo atto, la vecchia signora di Kim Criswell. Con loro David Adam Moore (Maximilian), Jeni Bern (Paquette), Ferylin Brass (Cacambo), Cristina Ferraioli (la baronessa), Thierry Laurion (l'accattone) e, in vari ruoli, Bonaventura Bottone, Philip J. Glenister, Simon Butteriss, Adrian Brand, Steven Pave, Philip Sheffield.
Lunghi applausi nel corso della recita e alla fine un meritato trionfo.
Uscendo dalla Scala, a coronamento dell'ironia graffiante di Voltaire, Bernstein e Carsen, non poteva mancare un passaggio veloce da McDonald's, preso a sberleffo nello spettacolo.
Visto a Milano, teatro alla Scala, il 26 giugno 2007
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Teatro Alla Scala
di Milano
(MI)