Macerata, teatro Lauro Rossi, “Cani di bancata” di Emma Dante
L'OSCURA SACRALITA' PAGANA DELLA MAFIA
Emma Dante ha indagato le degenerazioni della famiglia e le consuetudini opprimenti della religione; nell'affrontare il tema della mafia lo fa partendo proprio da famiglia e religione-sacralità pagana. Emma Dante guarda la mafia e la vede da dentro, nei suoi rituali e riti iniziatici, nella sottomissione dei figli, che si credono autonomi e invece sono sottomessi. La mafia è una Madonna grottesca, una donna, sposa, madre, amante, dea e cagna al tempo stesso, che nutre i suoi figli, ma anche li punisce senza pietà. All'inizio una vestizione con lo schiocco dei panni, come marionette illuminate dall'alto in un teatrino di pupari che è una piramide di scranni di legno. Poi la ritualità del bacio e del segno della croce “nel nome del padre, del figlio, della madre e dello spirito santo”, “madre nostra che sei nei cieli”.
Nella bella scenografia gli scranni diventano poi una sghemba tavola, luogo dei riti; Mammasantissima indossa un vestito da sposa il cui strascico diviene tovaglia per una partecipata “ultima cena” i cui commensali, come cani, si gettano sul cibo che lei offre loro e se lo divorano, sputando, ruttando, vomitando, sbavando, belve fameliche mai sazie. Un'immagine forte ed efficace, forse il momento più riuscito. Lumini e immagini sacre segnano il limite del boccascena. Poche parole, gesti allusivi e densi di significati.
“La vita è un'ingiustizia”, dice la Mammasantissima ai figli, prima di infiltrarli nei vari tessuti della società e della nazione, “I vostri culi sulle poltrone del potere, non importa se a destra, a sinistra o al centro”. “Le cose che non si sanno non sono. Io non esisto”. Nel mentre campeggia una grande Italia rovesciata, disarticolata, disunita, la Sicilia in cima, le regioni staccate le une dalle altre: la non-unione è il trionfo della mafia. E di fronte a questo “spettacolo” i cani di bancata si masturbano furiosamente e rumorosamente. Durante la masturbazione collettiva la Mammasantissima impicca a forza il povero ferroviere, colpevole solo di avere accettato un posto di lavoro e di non avere subìto fino in fondo il Verbo, chi entra dentro vivo non esce, legami indissolubili, patti infrangibili,“Entro col sangue e uscirò col sangue”.
Uno spettacolo interessante, che indaga paure e pregiudizi, fino a quando, con le infiltrazioni, l'Italia rovesciata e l'impiccato, non diventa didascalico, meno efficace e poco aggiunge al precedente cammino di Emma Dante, che anche qui conferma la sua abilità nel muovere gli attori e nel creare immagini e figure di forte impatto visivo ed emozionale. Fino a quello stupefacente, rabbrividente finale. Anch'esso un rituale, irrazionale.
Visto a Macerata, teatro Lauro Rossi, il 21 febbraio 2007
Francesco Rapaccioni
Visto il
al
Palladium
di Roma
(RM)