Roberto Latini ha vinto quest’anno il premio Ubu 2017 come “Miglior attore o performer” realizzando una vera e propria opera d’arte ispirata al testo del ”Cantico dei cantici”.
Definire uno spettacolo quello che è stato realizzato sarebbe riduttivo: Latini ha costruito per il testo poetico un’impalcatura semplice e solidissima, grazie a cui ogni parola arriva a chi ascolta, gravida di senso.
Radio speaker
Una panchina, come quelle verdi nei parchi. Dietro, una pedana, con una cornice alla base della quale si illumina la scritta “On air” quando c’è parola. Latini si presenta con una parrucca, occhiali scuri, irriconoscibile. Già mascherato in volto, usa la maschera dei microfoni come ulteriore camuffamento della voce. Il testo così decolla, libero da sentimentalismi, suono puro, voce. Come alla radio, alla voce si alternano stacchi musicali durante i quali Latini si distacca completamente dalle parole appena pronunciate. Nella prosecuzione dello spettacolo, le maschere cominciano a essere messe da parte, fino a un momento in cui è possibile al pubblico vedere il volto dell’artista, alterato solo da un pesante trucco sugli occhi, e sentire la sua voce non microfonata. Subito dopo si torna però al mascheramento della voce.
La tecnica dietro l’arte
Lode anche alla regia e al tecnico del suono: il lavoro con i microfoni e dell’audio in generale è evidentemente molto complesso. Viene però curato al millesimo e in questo modo è di fortissimo impatto. Non c’è nessun sentimentalismo, non viene creata un’atmosfera emotiva, ma semplicemente si generano immagini che evolvono l’una nell’altra, lasciando la loro impronta sonora in chi ascolta. Il testo poetico così ne esce potenziato, amplificato.
È difficile in poche righe rendere giustizia a un’operazione artistica la cui complessità è messa totalmente al servizio della poesia.