Il teatro Sociale di Rovigo ha inaugurato la sua 195ª stagione lirica con Carmen di Georges Bizet, titolo che mancava dal 2002 ed era uno dei più attesi della stagione, una produzione Li.Ve. (ossia teatri di Rovigo, Padova e Bassano) in coproduzione con Rimini, Trento, Savona e Pisa.
Regia, scene, costumi e luci erano affidati a Ivan Stefanutti; l'allestimento ha lasciato non poche perplessità, soprattutto nel pubblico, che ha manifestato apertamente il suo dissenso. Indubbiamente chi si aspettava di vedere una Siviglia gitana e colorita con sigaraie e dragoni, con la Plaza de Toros e i toreri è rimasto deluso. Il primo atto si apre con la vetta di alte montagne, forse un passo alpino, una scena che riempie lo spazio, troppo piccolo, del palcoscenico del Sociale. Dall’inizio alla fine dell’opera la scena non cambia: non ci sono piazza, corpo di guardia, taverna, manifattura di tabacchi, solo montagne e rocce. In pratica un unico terzo atto: il posto selvaggio tra le montagne dove si rifugiano i contrabbandieri. Questo fatto disorienta lo spettatore, che si chiede cosa ci faccia una caotica folla su una vetta deserta e soprattutto cosa ci facciano delle donne mezze nude (che sembrano essere delle detenute) con tanto di kapò che le maltrattano su montagne innevate. Così Stefanutti nel programma di sala: “un luogo al confine della civiltà... la legalità è gestita apparentemente da una milizia presente sul territorio... i soldati [...] sono stati mandati per punizione... il contesto delle sigaraie è quello di una colonia penale... di giorno operaie, di notte dedite al meretricio... É una storia di assillo e degradazione... potrebbe essere ambientata anche nei bassifondi di una città moderna... L’amore non c’è”. Sicuramente l'impostazione registica è solida, dovuta a una profonda riflessione. Ma neppure il finale riesce a dare luce sulla vicenda perché la Plaza de Toros è un circo con tanto di pagliacci.
Nel complesso il risultato ci è parso positivo, grazie soprattutto al versante vocale. L’israeliana Rinat Shaham si è ben calata nel ruolo di Carmen, una credibile eroina negativa, esageratamente provocante e decisamente bella, scenicamente spigliata e con bella voce, quasi graffiata e a volte volutamente roca per aumentarne la malìa. Andrea Carè è stato un Don Josè notevole per la potenza del timbro vocale, con acuti puliti, vibranti e sicuri. Valentina Corradetti ha sostenuto il ruolo di Micaela con bella ed estesa voce, acuti luminosissimi e grande pathos; ci sorge però il dubbio se Micaela sia il suo ruolo. Nmon Ford, Escamillo, non ha convinto fino in fondo per la tecnica vocale, nonostante il personaggio è stato resto in modo elettrizzante.
Bravi i comprimari: la Frasquita di Natalia Roman, la Mercedes di Annalisa Stroppa, Zuniga di Gianfranco Montresor (che ha sostituito all’ultimo il tedesco Kablus), Dancario di Gabriele Nani, Remendado di Max René Cosotti e Morales di Donato Di Gioia. Interpretazione impeccabile per il Coro lirico veneto della Li.Ve, diretto da Giorgio Mazzucato; bravi anche i bambini del coro di voci bianche Piccoli cantori di San Bartolo.
Discreta la direzione del maestro Francesco Rosa alla guida dell’Orchestra regionale Filarmonia veneta; direzione non molto brillante, in alcune parti scollata dai cantanti e, soprattutto all’inizio, decisamente esagitata.
La musica di Bizet ha incantato il numeroso pubblico della prima, che si è dimostrato complessivamente soddisfatto, mostrando in molte occasioni plauso per i cantanti e alla fine critiche solo per la regia.