Va bene la nuovissima Carmen di Bizet che Carlo Antonio De Lucia – regista, ma anche scenografo insieme ad Alessandra Polimeno – ha curato per la chiusura della stagione 2018/19 del Teatro Verdi di Trieste.
Va bene, a tratti scivola nell'oleografia, la nuovissima Carmen di Bizet che Carlo Antonio De Lucia – regista, ma anche scenografo insieme ad Alessandra Polimeno – ha curato per la chiusura della stagione 2018/19 del Teatro Verdi di Trieste. Perché la fedeltà dell'ambientazione, la ricerca dei dettagli, la cura certosina dei costumi di Svetlana Kosiova, la classicità delle coreografie di Morena Barcon, la minuziosa e precisa drammaturgia finiscono per apparire perfino eccessive.
Di contro, va detto che da queste sinergie scaturisce uno spettacolo dai tratti rassicuranti - gradito quindi ad un pubblico tendenzialmente tradizionalista quale quello triestino – e scenicamente ineccepibile: scorrevole, ricco di colori, intriso di vivida teatralità. Attributo, questo, riscontrabile sopra tutto nell'offerta di piccole, deliziose miniature sceniche.
Direzione sin troppo languida
Caratteristiche che invece latitano nella direzione di Oleg Caetani: nitida e ordinata nella cura strumentale – e l'Orchestra del Verdi negli inserti sinfonici fa la sua bella figura – ma innegabilmente compassata, persino monocorde. La versione scelta di Carmen è quella Guiraud, ormai superata, ma tant'è: la teatralità scarseggia e gli insiemi procedono sonnacchiosi, le dinamiche appaiono appiattite, la tensione narrativa annacquata.
Da una personalità di tale livello, ci saremmo aspettati molto di più che una concertazione di quieta routine; ed è un vero peccato, perché il cast che abbiamo incontrato offriva buone chances ad un conduttore più fantasioso e brillante.
Molti nomi stranieri nel cast
Protagonista è il mezzosoprano georgiano Ketevan Kemoklidze, una zingara assai ben modellata nella sensualità divampante e capricciosa, mai tuttavia eccessiva. Non solo per il timbro cremoso e seducente, ma anche per la linea vocale elegante e ben strutturata, consistente nei gravi e limpida nel registro superiore, con sonorità ricche e cristalline.
Espressione sciolta in un canto morbido e dolce, dall'andamento scorrevole, scopriamo poi nella musicalissima ed incisiva Ruth Iniesta, che riscatta il personaggio Micaëla dalle troppo frequenti zuccherosità. Gaston Rivero delinea un Josè dai vari pregi: intanto, si intuisce una salda preparazione tecnica – vedi come lega e fraseggia con eleganza, come smorza bene nell'Aria del fiore, riuscita a perfezione – il che permette di sfruttare senza tentennamenti una bella tonalità ambrata, la facile salita agli acuti, una colonna di fiato che non va mai in riserva. Tiene bene la scena anche l'Escamillo di Domenico Balzani, imperioso, compatto, elegante e risoluto nell'espressione vocale, e con il giusto pizzico di spacconaggine nella figura.
Parti di fianco tutte ben inserite: un plauso alle frizzanti Rinako Hara (Frasquita) e Federica Carnevale (Mercédès), ed agli efficaci Carlo Torriani (Dancaïre), Motoharu Takei (Remendado); bene anche Clemente Antonio Daliotti (Moralès), Fulvio Valenti (Zuniga). Buone le prestazioni del Coro del Verdi, e dei Piccoli Cantori di Trieste.