La recensione di Francesco Rapaccioni
Ascoli Piceno, teatro Ventidio Basso, “Casa di bambola/L'altra Nora” di Leo Muscato da Henrik Ibsen
NORA SE NE VA
In passato per curare il marito Nora ha contratto segretamente un prestito, falsificando la firma del padre. Per anni ha lavorato per pagare il debito, senza riuscire a liberarsene. Sembra risolvere ogni cosa la promozione a direttore di banca del marito, ma vi è impiegato il prestasoldi, che ricatta Nora per ottenere una promozione. Quando il marito, che invece vorrebbe licenziarlo per altri motivi, viene a sapere tutto, si preoccupa unicamente del suo buon nome e la rimprovera aspramente, benchè il tipo rinunci al ricatto. Nora reagisce con indifferenza, ma la meschinità del marito la convince ad allontanarsi definitivamente, abbandonando anche i figli.
RI-scritture è un progetto di Leart', casa di produzione teatrale tutta marchigiana. “Casa di bambola/L'ALTRA NORA” ne è la seconda tappa, dopo l'emozionante “Romeo & Giulietta / NATI SOTTO CONTRARIA STELLA” (recensione presente nel sito), provando a “traslare nel tempo vite raccontate da altre vite, perchè la storia che viene raccontata non può prescindere dalla vita di coloro che la rendono possibile, attori e spettatori”.
Il personaggio di Nora incarna una sorta di momento aurorale del femminismo: vivere secondo una nuova autonomia è la necessità che le si impone, dal momento in cui ha verificato di essere, per il marito e le persone che la circondano, solo una futile e graziosa bambola. Nora contiene il germe dei successivi personaggi ibseniani, che si dibattono nella rete delle proprie contraddizioni.
Leo Muscato elimina dal testo ogni riferimento non pertinente al presente ed evita gli agganci alla religione ed al femminismo. Si concentra su una leggera follia, intesa non tanto come malattia mentale, quanto come forma di difesa dagli attacchi di chi ci circonda, un atteggiamento mentale piuttosto che una vera patologia. Come la “domatrice di tigri” di Giuseppe Pederiali.
Nora cerca l'assoluto e si scontra con il quotidiano. Pensa di avere fatto il bene per il marito, un sommo bene. E invece tutti pensano che abbia fatto male, un male non scusabile. Non perdonabile (“Bugiarda, ipocrita, criminale, sei una povera pazza che ha deciso di fare l'eroina”, le grida contro il marito).
Nora vive unicamente come riflesso del marito, abbandonandosi a stranezze comportamentali; di fronte alla sua instabilità il marito finge di non accorgersene, inseguendo solo il successo sociale ed economico. Così fanno anche gli amici, ipocriti ed opportunisti. Nora allora prova a ribellarsi a questo assurdo status quo: esaspera ogni sentimento, scardina l'ordine dei rapporti interpersonali; però precipita in un buco nero che la priva di ogni sostanza vitale, nutrendosi di un nulla che è al limitare della catastrofe.
Nel ruolo del titolo è convincente una lunare Lunetta Savino, tenera ed estranea persino a se stessa. Con lei, identificati per categorie, Paolo Bessegato (il marito), Ruggero Dondi (il dottore), Salvatore Landolina (l'uomo), Carlina Torta (l'amica). La scena realistica è di Antonio Panzuto, i costumi contemporanei di Federica Sala, le luci azzeccate e piene d'atmosfera di Alessandro Verrazzi, le musiche, incentrate sull'intensa e triste “Nothing compares to you” di Sinead O'Connor, curate da Marco Primavera. Lo spettacolo è prodotto da Leart' insieme a crt.
Come impone il progetto RI-scritture, il testo è attualizzato, mantenendo però intatta la carica eversiva. Ibsen ripudia il sentimentalismo e il moralismo della cultura ottocentesca, indagando con metodo scientifico, seppure empirico (Freud, Bergson e Schopenhauer non sono lontani e maturano in questa temperie culturale), il conflitto fra l'individuo e una società borghese fatta di ingiustizie e di conformismo. E oggi la società è fatta ancora di ingiustizie e di conformismo. E ottusità oscurantista. Nora, “l'altra Nora”, questa Nora di Muscato è generosa e altruista, per vivere ha bisogno solo di affetto e comprensione, appare nervosa, sovreccitata, accelerata (“Faccio tutto da sola, non ho mai chiesto niente a nessuno”). Ma è fragile (“Io da sola non ce la faccio, mi devi aiutare”), stringe un orsacchiotto non tanto per rifugiarsi in un mondo tutto suo o nei confortevoli ricordi dell'infanzia, quanto per trasmettere lo scollamento reale/personale che vive. Le sue incrinature dell'anima sono tangibili (basta il puntale per l'albero di Natale che le regala il dottore a renderla felice).
Nora è stralunata, come un Pierrot. Surreale. L'altra Nora è esattamente come nell'azzeccata immagine della locandina, un riflesso, figura ectoplasmatica dietro un vetro annebbiato, il dito a toccare un'anima evanescente. Una persona che confonde i sogni con la vita..
Nora vive di sogni (il vecchio signore che le lascia un'eredità) per colorare l'incolorabile grigiore in cui viviamo. Nessuno ascolta veramente Nora, quelli che la circondano e (cosa più grave) che dicono di amarla (parole..) sono sordi e ciechi alle sue richieste di aiuto, ai chiari segnali che lei invia, lei che è costretta a navigare a vista per non affondare, a vivere alla giornata. Fino a che si rende conto che una battaglia con quegli stronzi egoisti che la circondano non ha senso. Nora deve pensare a se stessa. E allora prende e se ne va. “Se mi guardo indietro mi sembra di avere vissuto alla giornata, come una poveraccia. Sono stata allegra, mai felice. Ho vissuto accanto a un estraneo. Io devo ancora imparare a stare dietro a me stessa, devo fare da sola: per questo me ne vado”.
Nora è una creatura imprigionata, nostalgica della libertà, che reagisce nell'unico modo possibile alle catene che gli altri le hanno attaccato: fugge risolutamente dalla gabbia. Nora se ne va. Per sopravvivere a un peso insopportabile. E ricominciare.
Visto ad Ascoli Piceno, teatro Ventidio Basso, il 16 marzo 2007
Francesco Rapaccioni
Visto il
al
Valle Occupato
di Roma
(RM)