Uno specchio enorme che troneggia al centro della scena davanti al quale troviamo Casanova, un Narciso stanco, ormai anziano che si contempla e quasi si perde nell’immagine riflessa, scivolando nei ricordi e nella consapevolezza di un ineluttabile destino di solitudine.
L’immagine si sdoppia, si moltiplica, si ripete all’infinto; l’ottica dello sdoppiamento è quella scelta dal giovane coreografo Eugenio Scigliano - già ballerino di spicco del Balletto di Toscana e di Aterballetto, per rappresentare il celebre seduttore, un personaggio complesso, dai tratti classici e dall’anima romantica, un’anti-eroe per eccellenza e proprio per questo figura di estrema modernità.
Casanova, personaggio controverso, entrato ormai saldamente nell’immaginario collettivo, è una figura che si presta a un’indagine e a una riflessione profonda atta a svelarne il significato, gli aspetti inediti e ad individuarne il forte legame con l’attualità: è il simbolo di una società decadente, «emblema di una leggerezza del vivere al bordo del precipizio», è tragico e poetico allo stesso tempo. È una figura evocativa, ricca di stimoli e suggestioni, soprattutto per chi si esprime con il linguaggio della danza, poiché Casanova oltre alla parola – basti pensare alla sua celebre biografia, si è spesso espresso e raccontato con il corpo – per il suo sfrenato erotismo, per le sue rocambolesche fughe, i suoi celebri duelli e i suoi viaggi.
Scogliano si affida principalmente alla danza per evocare il mondo in cui è vissuto Casanova: una realtà fatua, inafferrabile, che può sembrare vuota, dove il confine tra la verità è l’arte è sottile e labile. La sua è una danza elegante e dinamica, a tratti nervosa, spettacolare e impegnativa.
Il giovane coreografo mette in scena alcuni episodi della vita di Casanova ispirati dai suoi ricordi, il suo infatti non è un lavoro didascalico quanto piuttosto evocativo, procede per suggestioni e atmosfere che gli sono suggerite e stimolate dalla carica emotiva espressa da quello che Indro Montanelli definì: "…un baro, una spia, un imbroglione, un falsario, ma anche un perfetto cavaliere, un gran signore, uno straordinario giornalista, uno scrittore di razza". I danzatori si muovono su musiche settecentesche, immersi in un’atmosfera barocca tipica del periodo, esprimendo la leggerezza e la “non curanza” tipica di quell’epoca decadente.
Ciò che emerge nel lavoro di Sciogliano è un profondo senso di solitudine e una struggente malinconia per l’inarrestabile declino della società e del mondo.
Lo specchio è l’unico elemento scenografico presente sul palco e sottolinea la dualità dell’immagine di Casanova: da un lato la figura vincente, affascinante, un mascalzone seduttivo e carismatico, costantemente in fuga dalle amanti, dalle responsabilità e in un certo senso anche dalla vita; dall’altra parte possiamo intravedere un uomo non più giovane, disperato che si trova a dover fare i conti con la propria solitudine.
Casanova è seduzione, amore appassionato e carnale, gioco d’azzardo, erotismo, fascino, cerimoniali aristocratici, ma anche fughe, viaggi, duelli e il profondo e angosciante isolamento.
L’accurata e sofisticata scelta di melodie barocche unita all’assoluta mancanza di arredo senico, ai ricercati costumi di Khristopher Millar e Lois Swandale, che vestono i quattordici protagonisti e al progetto luci di Carlo Cerri, caratterizzato dai toni caldi e soffusi, esaltano l’accadimento coreografico e le evoluzioni degli interpreti, sottolineando l’estrema agilità della messinscena e la notevole qualità artistica.
Un gruppo di ottimi danzatori alterna senza un’apparente soluzione di continuità scene corali, passi a due e assoli: una certa ripetitività e tempi dilatati caratterizza le iniziali coreografie di gruppo, mentre percepiamo una maggiore sicurezza di mezzi espressivi negli assoli e nei passi a due successivi, che esaltano le individualità degli interpreti.
Infatti le coreografie di gruppo rivelano un disequilibrio, un movimento disomogeneo nonostante gli ottimi danzatori, che tradisce una certa ripetitività di idee e una tendenza all'illustrazione; gli assoli e i duetti, invece, sono più efficaci, avvincono ed evocano immagini e sensazioni.
La coreografia si distingue per l’estrema dinamicità di movimenti che rifiutano le strutture codificate, prediligendo invece la circolarità dei passaggi, energiche prese, improvvisi “lifts” e taglienti “launchs”. Le innumerevoli sfaccettature di Casanova sono descritte attraverso una danza particolarmente esigente e impegnativa da un punto di vista atletico, che rievoca con efficacia ed immediatezza la "dolce vita" veneziana, tra dame e cortigiane, duelli e bische.
Niente provocazione né azzardo nel lavoro di Scigliano, che è piuttosto misurato a tratti quasi “prudente”; sicuramente Casanova è una figura ingombrante e pericolosa, ma anche ricca di potenziale creativo: forse Scigliano poteva osare e sperimentare di più, tessendo una gestualità più contemporanea e astratta, poteva assumersi qualche rischio in più, anche nella scelta delle musiche.
Ciò che contraddistingue la compagnia Aterballetto è la sua innata capacità di saper coniugare un’eccellente preparazione tecnica e stilistica a una straordinaria capacità interpretativa, creando così dei lavori tecnicamente impeccabili, ma di grande intensità e di forte impatto, emozionati ed emozionanti. In questo lavoro, sebbene i ballerini confermino la loro indiscutibile preparazione, ciò che a mio avviso manca è l’anima, l’emozione: è come se ci trovassimo davanti a un bel dipinto,in cui le proporzioni, le tonalità, i colori siano perfetti, appropriati, ma che nella sua perfezione totale non riuscisse a trasmettere nulla.
È paradossale come proprio in un lavoro come “Casanova”, il cui protagonista è un personaggio viscerale per eccellenza, da sempre guidato dalle forti emozioni e dai tumulti della passione, ciò di cui si avverte la mancanza sia proprio l’emozione, il pathos, la passione.