Il teatro nasce con l’uomo. Egli, dentro di sé, racchiude tragedia e commedia. Gli autori classici, attenti osservatori degli usi e costumi del loro tempo, erano ben consapevoli di questo, e proponevano ai loro pubblici rappresentazioni vicine al loro mondo, che interessavano la quotidianità.
La Compagnia Teatrale Università degli Studi di Milano ha messo in scena la commedia di Tito Maccio Plauto “Càsina”, farsa elementare ma di grande effetto sulla platea, come da tradizione latina. Un teatro privo di profondità ma ricco di spirito, che non si sofferma sui personaggi ma sugli eventi. Contaminazioni moderne hanno interessato l’uso del linguaggio, le musiche, la gestualità e la scenografia, con la presenza di oggetti legati al mondo attuale.
Una Càsina-pretty woman, con tanto di abito latino color fucsia e stivali alti fino al ginocchio, fa il suo ingresso in scena e arringa il pubblico. Come Plauto insegna, in un piccolo prologo viene narrata la trama. Certo, in passato tale azione era necessaria perché gli spettatori erano al quanto rozzi e turbolenti, bisognava attirare la loro attenzione puntando sulla villania dei gesti e delle parole. Oggi, con un pubblico per lo più di studenti in sala, questo passaggio vuole dare un senso di continuità alla tradizione del teatro latino.
L’impianto scenografico è semplice: un colonnato è anteposto a delle sedie posizionate sul fondo del palco, dove gli attori siedono e seguono la messa in scena, con tanto di gesti e commenti. Lo spazio scenico gode di questa interazione tra gli attori che parlano e quelli che ascoltano, creando un certo movimento che anima la rappresentazione.
Gli abiti di scena rispecchiano fedelmente gli originali dell’antichità, e presentano anche qualche aggiunta contemporanea come nel caso degli scarponi e del bomber arancione indossato dall’attore, dal forte accento siciliano, che interpreta Calino, lo scudiero. Gli interpreti, che in antichità indossavano le maschere, sono truccati in modo da esaltare i tratti del viso.
Gelosie, sotterfugi, bugie, egoismi, desiderio sono gli elementi su cui poggia l’intera rappresentazione, condita da tanta comicità e bravura degli attori. Giocando su questi difetti dell’uomo, la narrazione acquista un sapore agrodolce, piacevole da assaporare.
In questa commedia, Plauto ironizza sulle banalità della vita quotidiana, proponendo una riflessione sugli usi e costumi del suo tempo, non proprio dissimili da quelli attuali, e lo fa usando una potente arma: la risata. Dicevano i latini: «scherzando correggi i costumi», e la conclusione della commedia rispecchia questa affermazione: Lisidamo, pentito e “mazziato” da sua moglie Cleostrata, chiede perdono e rientra nei ranghi.
Milano – Teatro Verga – 6 novembre 2007
Visto il
al
Arena Plautina
di Sarsina
(FC)