Jesi, “Cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni e “Gianni Schicchi” di Giacomo Puccini
LE DIVERSE ASPETTATIVE PER LA VITA
Originale il dittico Cavalleria rusticana e Gianni Schicchi proposto a Jesi nel nuovo allestimento della Fondazione Pergolesi Spuntini (Gianni Schicchi viene rappresentato a Jesi per la prima volta). Il regista Ivan Stefanutti, anche ideatore di scene e costumi, ha proposto una lettura basata non tanto su due momenti storici e due diversi ambiti geografici, quanto più che altro sul momento della vita dei due compositori nel tempo in cui scrivevano queste opere.
Cavalleria rusticana è caratterizzata dalla forte, istintiva e cupa emozionalità di un giovane: il dramma è irreversibile, la passione totale e indomabile, la vita claustrofobica, la catastrofe totale che travolge tutti, nel segno dell’inevitabilità, della predestinazione, della assolutezza dell’amore, della passione carnale e della morte. Tutte e tre senza alternative. Qui sul fondo scena le nuvole passano senza che l’uomo, “canna al vento”, possa fare nulla, se non abbandonarsi a un destino tragico.
Gianni Schicchi invece è lo sguardo ironico e distaccato di un uomo maturo che sa bene che cos’è la vita, che conosce le umane passioni e riesce a riderne e ad approfittarne. In fondo che c’è di male a piegare gli eventi a proprio vantaggio, anche raccontando qualche piccola bugia e resuscitando un morto? In fondo che c’è di male a cercare di contrastare un destino, a cui è facile e “necessario” opporsi per un uomo dotato di acume ed ingegno, che conosce bene i meccanismi della società e le debolezze umane? Qui sul fondo scena c’è una tenda che l’uomo deliberatamente apre e chiude, modificando il destino, piegato alla ingegnosità di Schicchi, un truffatore che però non fa del male a nessuno.
Il giovane Antonino Fogliani ha diretto con mano sicura la Filarmonica Marchigiana, seppure il volume doveva essere più controllato ed alcuni arpeggi più eleganti. Buona la prestazione di fiati e legni. I costumi rispettosi del momento storico in cui le opere sono state scritte e una scena unica, modificata con piccoli accorgimenti per adattarla alle due diverse situazioni, hanno completato la messa in scena.
Nel cast di Cavalleria rusticana hanno dominato le donne. Elmira Veda è stata una Santuzza decisa e forte, con un timbro di voce bellissimo, profondo e scuro, seppure sbilanciato sul registro grave, mentre Federica Bragaglia una Lola convincente dalla voce pulita. Invece debole l’Alfio di Fabio Previati e discutibile il Turiddu sfrontato e sicuro dello spagnolo Javier Palacios. Con loro la Lucia di Milena Storti. Nel cast di Gianni Schicchi bene ha fatto Massimiliano Gagliardo nel ruolo del titolo, sia nelle capacità vocali che in quelle attoriali. Tra i numerosi altri si sono segnalati l’acerba Lauretta di Alessandra Marianelli, che ha cantato la celebre “O mio babbino caro” in modo impeccabile, la divertente Zita di Milena Storti e il Rinuccio di Alessandro Codeluppi, che ha una piacevole erre.
Nel complesso un’edizione che forse non passerà alla storia ma che neppure si ha fretta di dimenticare e che segna una importante collaborazione fra i teatri marchigiani di Jesi e Fermo ed il Teatro Nazionale di Belgrado (l’ambasciatore della Federazione Jugoslava di Serbia e Montenegro era alla prima), le due sponde dell’Adriatico unite nel segno della cultura.
A lato l’interessante ed attualissimo convegno “Cultura della cultura per lo sviluppo del territorio”, dove è stato affrontato il tema dei progetti culturali come investimento strategico per le imprese.
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto a Jesi, teatro Pergolesi, il 18 novembre 2005
Visto il
al
Giovan Battista Pergolesi
di Jesi
(AN)