Cavalleria Rusticana, l'esplosione del Verismo musicale

Cavalleria Rusticana, l'esplosione del Verismo musicale

A fine Ottocento sull'opera italiana sembrava ormai calare il sipario, pur se s'attendeva il geniale guizzo serotino del Falstaff verdiano. Un declino apparentemente senza veri eredi – il genio di Puccini si sarebbe rivelato solo a partire da Manon Lescaut – interrotto però dalla deflagrazione, nel maggio 1890, della Cavalleria Rusticana di Mascagni. Una bomba musicale del tutto inaspettata, che sparigliava le carte e relegava l'Amleto di Faccio e La Gioconda di Ponchielli tra il ciarpame da seppellire in soffitta, dando il via ad una miriade di tentativi d'emulazione

Un capolavoro popolarissimo da sempre

Inutile dilungarsi sopra un capolavoro fra i più amati, i cui pregi musicali sono insindacabili. Nei suoi confronti le regie si sono variamente sbizzarrite, arrivando ad essere talvolta arruffate e dispersive, talora persino incongrue. Non è certo il caso della canonica regia ideata da Cristina Mazzavillani Muti per questa Cavalleria che apre il Trittico d'autunno del Ravenna Festival 2017 (a seguire Pagliacci e Tosca, se ne parla a parte) e che evidenzia buona coerenza drammaturgica e massima scorrevolezza, pur nel tripudio immagini e di intriganti invenzioni sceniche.

Una per tutte, l'austera donna in gramaglie che segue, e par commentare muta dalla sua panchina tutta la vicenda. Regia in più adeguatamente sostenuta dall'apparato visivo – una Sicilia dalle forti tinte - messo in piedi da Vincent Longuemare, David Loom e Davide Broccoli, e punteggiato dai folkloristici costumi di Alessandro Lai. Un rodato team di abituali suoi collaboratori.

Goiovani interpreti

Sulla scena, un'affiatata e convinta compagnia di giovani – segno di un sapiente lavoro di talent scout – formata da Chiara Mogini (una Santuzza di forte e nobile temperamento, non piagnona come spesso capita), Aleandro Mariani (un Turiddu non del tutto persuasivo, a causa di una vocalità sfuggente), Oleksandr Melnychuck (Alfio prorompente ma senza esagerazioni, e vocalmente compatto), Anna Malavasi (lodevole Lola) ed Antonella Carpenito (Mamma Lucia).

Il mimo Ivan Merlo impersona l'onnipresente signora di cui sopra. In buca, a capo dell'Orchestra Cherubini sta un direttore di sicura professionalità – Vladimir Ovodok, rivelatosi nell'Italian Opera Academy di Riccardo Muti - che non sarà per ora un modello di fantasia, ma di buona funzionalità teatrale sì. Quindi solido nel mestiere, attento ad imprimere un preciso ritmo narrativo, a sostenere adeguatamente i cantanti, a far “cantare” la giovane compagine strumentale. Inappuntabili sia il coro di voci bianche Ludus Vocalis istruito da Elisabetta Agostini, sia quello del Teatro di Piacenza guidato da Corrado Casati.

E poi, in apertura di serata, un regalo insolito: Cavalleria rusticana remix, stimolante spettacolino di 40 minuti che riprende in chiave odierna questo capolavoro. Coordinato dalla Mazzavillani Muti ma concepito e messo in atto da un gruppo di bravissimi ragazzi di qui, fonde insieme prosa, poesia, danza, musica pop e jazz, riuscendo assolutamente godibile.