“CAVOUR, L’AMORE E L’OPERA INCOMPIUTA”

Un altro riuscitissimo spettacolo

Un altro riuscitissimo spettacolo

Vedere in scena Ennio Coltorti suscita sempre meraviglia. Prima di tutto per la capacità che l'attore ha di dare credibilità al personaggio interpretato. Sia esso Cartesio, Sartre, Napoleone Bonaparte o Cavour, come nel caso dello splendido Cavour, l’amore e l’opera incompiuta in cartellone al piccolo Stanze Segrete fino al 4 dicembre pv, Coltorti ha la capacità rara di diventare il personaggio non tanto grazie alla cura per il dettaglio, la scenografia o il costume, che, pure, sono elementi che distinguono ogni sua regia, ma grazie a un'empatia con il ruolo da interpretare che sussume per essenza, reincarnandole, la cifra umana dell'uomo e quella culturale del personaggio storico.
Coltorti è il personaggio che riporta in vita con una dedizione e, al contempo, una umiltà che sono le coordinate entro le quali dipana un mestiere e un amore per il teatro unici.
Il Coltorti regista sceglie sempre dei testi intelligenti, mai banali né semplici da mettere in scena, che affronta e propone al pubblico con una efficacia esemplare. Non fa eccezione questo Cavour, l’amore e l’opera incompiuta felicemente scritto da Maricla Boggio della quale Coltorti ha già portato in scena Ritratto di Sartre da giovane.
Anche stavolta Maricla Boggio si ispira al privato del personaggio del quale tesse il racconto e lo impiega come occasione  per osservarne in tralice la vita, l'operato, l'essenza quasi. Tra pochi dettagli biografici, l'amore giovanile per la mai dimenticata Nina Giustiniani, cui fa da contraltare quello per Bianca Ronzani che lo accompagna alla fine dei suoi giorni, Boggio ritrae Cavour nel momento del declino fisico, colto dal malinconico rammarico di stare per lasciare in sospeso tante questioni: le differenze sociali e culturali dell'Italia non del tutto fatta, la questione meridionale, Roma Capitale, mentre la scomunica papale  pesa come un giudizio iniquo e inesorabile. Scomunica che non gli toglierà  il conforto religioso in punto di morte, grazie a  Frate Giacomo da Poirino che verrà a sua volta scomunicato per avergli dato l’estrema unzione. Mentre sarà di conforto, poco prima di morire, una vista più amichevole  del solito del Re. Il testo arde di una squisita e genuina vocazione didattica che si innerva nella modernità dello sguardo con cui  l'autrice approccia un'icona del nostro Risorgimento restituendo al contempo il sapore di una pagina importante della nostra Storia e la modernità dei personaggi, il cui privato ci parla con una attualità sconcertante. Così quando Cavour si rammarica di non poter portare a teatro con sé Bianca, la sua ultima compagna, perchè i due non sono sposati (in un periodo storico in cui i matrimoni erano ancora esclusivo retaggio della Chiesa) il teso parla drammaticamente la lingua del nostro presente che vede (ancora !) le cosiddette "coppie di fatto" escluse dalla vita civile in un riconoscimento pubblico oltre che legale  che ancora non è avvenuto (tanto da impedire ancora pochi anni fa, alla  Signora Adelina Parrillo di presenziare alla cerimonia di conferimento della Croce d’Onore ai familiari delle vittime dell’attentato del 2003 a Nassiriya, perchè non regolarmente sposata...).
Con sguardo moderno Boggio coglie il rapporto di Nina, l'amante da giovane di Cavour,  col marito, una relazione nella quale l'una tollerava le scappatelle dell'altro (anche se poi il marito si ingelosisce per l'ammanco di autorità in quanto coniuge).
Con un semplice ed elegante meccanismo narrativo il testo alterna il presente, nella dimora di un Cavour malato e sofferente, accudito da Bianca, ai sogni icordi, nei quali sono evocati alcuni episodi della sua vita, dagli incontri giovanili con Nina ai litigi con il Re. La regia di Coltorti si mette al servizio del testo grazie a pochi dispositivi teatrali (i velatini dai quali appaiono, come in una assolvenza cinematografica, le situazioni ricordate o evocate nel sogno da Cavour) e a un'attenzione scrupolosa al dècor (dello stesso Coltorti assieme a Jacopo Bozzi) e ai costumi d'epoca (splendidi) di Rita Forzano, mentre le musiche sottolineano gli stati d'animo del protagonista (forse eccessivi nella ripetizione della Casta diva belliniana cantata da  Maria Callas).
Insomma un altro riuscitissimo spettacolo, un'altra splendida regia per un uomo, attore e regista, che sa scegliere bene i testi da mettere in scena così come gli attori coi quali si presenta sulla scena: Eugenio Marinelli, che passa disinvoltamente dal libertinaggio del marito di Nina alla regalità piemontese di Vittorio Emanuele; Daniela D'Angelo, figlia d'arte (e Coltorti a fine spettacolo chiede per celia,  ma papà quando vine a vederci?) che sembra nata negli abiti ottocenteschi (che cambia diverse volte) nel ruolo delicato, riuscitissimo, di Bianca, e i giovani Adriana Ortolani (Nina) e Massimo Roberto Beato in quello del padre francescano.
Spettacolo seducente, elegante, intelligente, umile e colto al contempo,  da vedere  e rivedere per sostenere un teatro al quale, per fortuna, come ricorda Coltorti dopo gli applausi, il pubblico non manca mai.
Facciamo che continui ad essere così.

 

Visto il 10-11-2011
al Stanze Segrete di Roma (RM)