A distanza di 13 anni è tornata sul palcoscenico del Teatro Alla Scala Cenerentola. applausi calorosissimi da parte di un teatro esaurito in ogni ordine di posti.
A distanza di 13 anni è tornata sul palcoscenico del Teatro Alla Scala Cenerentola di Gioachino Rossini, firmata da Jean-Pierre Ponnelle nel 1971 per il Maggio Musicale Fiorentino -qui ripresa da Grischa Asagaroff- e prossima a festeggiare le sue nozze d’oro con il teatro milanese, che la adottò nel 1973 in occasione di una storica produzione con Claudio Abbado sul podio e da allora la ripropone periodicamente.
Uno spettacolo sempre attuale
Il teatro è la più effimera tra le varie forme d’arte: ogni nuovo allestimento, sia che si tratti di un classico che di un testo contemporaneo, è legato al presente e, una volta terminate le repliche, rimane solo nel ricordo, salvo riprese in tempi successivi. Vi sono quindi spettacoli teatrali che al debutto appaiono interessanti ed innovativi, ma, riproposti a distanza di anni, mostrano le rughe del tempo, mentre altri, nonostante il lungo intervallo, non tradiscono minimamente la loro età.
A distanza di quasi mezzo secolo questo spettacolo conserva la sua freschezza ed eleganza e le varie gags, sapientemente costruite a tempo di musica, rimangono a un capolavoro di grazia e felicità registica. Per Ponnelle Cenerentola rimane una fiaba, e fiabesca è la scenografia che, tratteggiata in punta di penna, sembra uscita da un libro di illustrazioni per bambini, complici anche i colorati costumi disegnati dallo stesso Ponnelle e le ottime luci di Marco Filibeck.
Ottima resa musicale
Questo spettacolo ha visto alternarsi sul palco le più grandi Cenerentole degli ultimi decenni, da Teresa Berganza, a Fredrica Von Stade, a Lucia Valentini Terrani, a Sonia Ganassi, di cui Marianne Crebassa, protagonista di questa nuova produzione, si è dimostrata valida erede. La cantante francese vanta un timbro corposo e brunito e grande omogeneità nell’emissione, che le consente di passare disinvoltamente dal registro grave a quello acuto. Il personaggio è reso in maniera molto sfumata grazie ad un fraseggio morbido ed espressivo. Al suo fianco Maxim Mironov è un Don Ramiro dalla voce chiara ma intonatissimo e dagli acuti ben timbrati; il suo duetto con Cenerentola “Un soave non so che”, complice anche una concertazione estremamente raffinata, è uno dei momenti più alti della rappresentazione.
Eccellenti i due bassi buffi: Carlos Chausson è un Don Magnifico dalla voce ferma e squillante in cui convivono comicità e grettezza in un sapiente equilibrio, mentre Nicola Alaimo, che sfoggia un registro centrale pieno e corposo ed acuti ben proiettati, tratteggia un Dandini ricco di spirito e di verve che meriterebbe l’applauso a scena aperta ad ogni sortita. L’Alidoro di Erwin Schrott si distingue per il bel timbro e la notevole potenza vocale anche se in qualche occasione è sembrato interprete poco partecipe. I ruoli delle sorellastre sono stati affidati a due cantanti provenienti dall’Accademia di Canto. Se adeguata è parsa la prova di Anna-Doris Capitelli (Tisbe), meno convincente è sembrata Tsisiana Giorgiadze (Clorinda).
Alla testa dell’Orchestra del Teatro Alla Scala, ad organico ridotto, Ottavio Dantone ha affrontato con grande coerenza l’edizione critica della partitura realizzata da Alberto Zedda. Tempi spigliati, grande attenzione al particolare e sonorità leggere e brillanti hanno caratterizzato una concertazione estremamente efficace ed attenta all’equilibrio con il palcoscenico.
Al termine applausi calorosissimi da parte di un teatro esaurito in ogni ordine di posti.