Lirica
A CHRISTMAS CAROL

Un Canto di Natale per un istrionico interprete

Un Canto di Natale  per un istrionico interprete

Chi non conosce A Christmas Carol di Charles Dickens? Pubblicato nel 1843, è il più famoso tra i suoi racconti natalizi, ed una delle più commoventi storie mai scritte sul tema del Natale. La sua forza sta nella limpida prosa del grande romanziere inglese, e nella trama avvincente che fa presa sul lettore d'ogni età; ma sotto il velo delle atmosfere gotiche tanto di moda allora (l'apparizione al gretto ed avaro Ebenizer Scrooge, nella sua gelida magione, del fantasma del vecchio socio Jacob Marley, e poi dei tre Spiriti: del Natale Passato, del Natale Presente, ed infine del Natale Futuro), e leggendo tra le righe del positivo mutamento del protagonista in persona stimabile e generosa, Il Canto di Natale evidenzia nondimeno una convinta partecipazione del suo autore alle sofferenze delle classi meno abbienti dell'Inghilterra di quegli anni. E nel contempo, un rimprovero al disinteresse dell'agiata borghesia nei loro confronti, ed una critica del famigerata Poor Law: un provvedimento legislativo così malfatto che finì per peggiorare, e di molto, le condizioni di vita dei più poveri.

Nei paesi anglosassoni, per il suo carattere edificante questa novella è da sempre un classico soggetto per le recite scolastiche dell'Avvento, durante le quali viene maltrattata da infinite schiere di balbettanti attori in erba. Povero Dickns! Le trasposizioni teatrali 'serie' - ce ne sono tante anche da noi in Italia, anche in questi giorni - vanno a costruire un interminabile elenco, e qualcuna d'esse ha avuto anche indubbio rilievo; e nel 1994 ne venne varata a New York una sfarzosa rilettura stile musical (non la prima, ma la più fortunata) con musiche di Alan Menken e testi di Lynn Ahrens. Anche il cinema, naturalmente, ha fatto la sua parte: tra le tante sue versioni su pellicola meglio ricordarne solo una ormai storica, lo Scrooge dell'attore/regista inglese Henry Edwards (1935), prima versione sonora con un caratterista impareggiabile quale Seymour Hicks. Poi ci sarebbero ovviamente quelle a cartoni animati: Il Cantico di Natale di Mr. Magoo (1962), Bugs Bunny Christmas Carol (1979), e per finire A Flinstone Christmas Carol (1999). Nel 1983 anche la Walt Disney aveva detto la sua realizzando un poetico cortometraggio, Mickey's Christmas Carol, con Paperon de' Paperoni nei panni del vecchio avaro – ricordiamoci che il nome originale è Scrooge Mc Duck - mentre Topolino e Minni sono Bob Cratchit e sua moglie. E poi ci sarebbero da citare due versioni per così dire “miste”: nel 1992 Brian e Jim Hanson montarono un'ironica trasposizione - The Muppets Christmas Carol - con attori veri ed i pupazzi Kermit, Piggy, Gonzo e Rizzo; dieci anni dopo, la regia di Robert Zemeckis, la tecnica avveniristica del motion capture e l'impiego di effetti speciali incredibili generarono un film - A Cristmas Carol, visivamente stupefacente però molto, molto sopra le righe - con Jim Carrey, Gary Oldman e Bob Hoskins.

Di fronte a tanta dovizia di idee, pochissime sono state le trasformazioni di questo must della narrativa mondiale per i teatri d'opera. Io ho conoscenza diretta solo di due, entrambe relativamente recenti: A Christmas Carol (1979) della compositrice scozzese Thea Musgrave (1979), e The Passion of Scrooge (1998) dell'americano Jon Deak. Ora è la volta di un'ulteriore versione, quella che Iain Bell ha consegnato in prima assoluta nel dicembre 2014 alla Houston Grand Opera, e che nel 2105 è andata poi in scena alla Welsh National Opera. In questo caso, nel medesimo allestimento ora importato in Italia dalla Fondazione Haydn nello spazio del Teatro Sociale di Trento, e nell'ambito della seconda delle stagioni liriche di OPER.A 20.21, la cui programmazione prevede massimo spazio alla contemporaneità, secondo l'impronta voluta dal direttore artistico Matthias Lošek.

Ulteriore versione operistica sì, questo A Christmas Carol di Iain Bell che abbiamo potuto vedere a Trento, ma nondimeno operando qualche distinguo: perché se il librettista Simon Callow ha steso una sintesi della novella dickensiana che - con qualche indulgenza - si potrebbe dire funzionale allo scopo prefisso, il trentaseienne compositore londinese con questa sua partitura di una novantina di minuti vincola l'unico suo interprete - un tenore, obbligatoriamente versatile nel canto come nella recitazione – ad un gravoso ruolo di lettore/narratore, affiancandogli poi quella che si potrebbe definire una 'colonna sonora' strmentale di accompagnamento. Niente arie né ariosi, neppure semplici canzoni o ballate; solo elementari linee melodiche gli sono qui e là consegnate, perché il suo ruolo prevede essenzialmente l'uso di un ininterrotto declamato, molto articolato; e molto impegnativo sia per la grande espressività di recitazione richiesta, sia per le continue impennate vocali, con rare concessioni a quello che si potrebbe in qualche modo intravedere come un accenno di canto vero e proprio. Lasciando volutamente Bell agli strumenti dell'orchestra il ruolo di un effettivo commento sonoro, a combinare tra loro timbri e colori strumentali.

Dunque, definirla una vera e propria 'opera' come di solito la si intende, non sarebbe opportuno; meglio parlare di teatro musicale, e basta. E vien da chiedersi anzi se la partitura potrebbe reggersi in piedi, se non trovassimo in scena un vero campione di bravura qual'è il tenore inglese Mark Le Broq, capace non solo di dare voce a tutti i personaggi, passando da uno all'altro con rapidità fulminea e tenendo inchiodata l'attenzione dello spettatore; ma anche in grado di sostenere senza evidenti defaillances il ritmo indemoniato e la fatica di un one-man-show che non permette – a parte il provvidenziale intervallo centrale posto fra i due atti – nessun momento di sosta per le sue corde vocali. Buon per lui che almeno il volume degli strumenti e le dinamiche sono dal compositore inglese volutamente tenuti a freno, per farlo arrivare integro alla fine. Anche Deak, in verità ha pensato il suo Passion of Scrooge per un baritono solo; ma nel suo spartito prevede momenti strumentali che concedono un certo respiro.
Non è poi che tale specie di sound track elaborato di Bell sia proprio veramente memorabile: se la componente vocale è nel complesso condannata ad una inesorabile uniformità musicale, per il resto incombe una certa monotonia ritmica ed agogica; e le ridotte combinazioni timbriche, una qual povertà del materiale melodico, le tante e sterili ripetizioni di cellule tematiche suscitano alla fine un effetto sedativo; e spiace osservare come il secondo atto di questo A Christmas Carol appaia musicalmente – finale a parte – pressoché identico al primo.

Messe così le cose, spetta al bravo direttore James Southall l'onere alquanto ingrato di dare significato e risalto a siffatta partitura: impresa che gli riesce, per nostra fortuna, più che bene, e che lo vede procedere con intelligenza e polso saldo. Quanto all'Orchestra Haydn, che ha di fronte, pone al suo servizio l'indubbia bravura dei propri strumentisti.
A mettere un'ulteriore dose di vitalità ad uno spettacolo che corre il rischio d'essere tedioso, in aggiunta a quella offerta dall'irresistibile magnetismo di Mark Le Broq, provvede brillantemente la briosa regia di Polly Graham, imprimendo allo spettacolo un ritmo vivace e vorticoso; regia che raffigura il Narratore come un prestidigitatore in marsina, coadiuvato da un' Assistente tutto fare (l'attrice Veronica Risatti). Eccolo dunque impegnato a leggere con noi in terza persona le pagine di Dickens, immergendosi poi di volta in volta nei vari personaggi; e basta un istantaneo cambio di copricapo – una berretta da notte per Scrooge, un civettuolo cappellino per Mrs. Cratchit - per cambiar voce. Serve pure un'istrionica oresenza scenica, per sostenere il ritmo incalzante sollecitato dalla regista irlandese, che lo spinge ora ad affacciarsi in ribalta, ora a farsi un giretto in passerella.

In questo contesto, funzionano benissimo i costumi di Nate Gibson, e la scenografia che sempre lei ideata: un leggio coperto d'agrifoglio, un lungo tavolo con i cappelli, un porta abiti, due grandi e luminosi lampadari, e di lato tanti allegri alberi di Natale.

(foto ©Fondazione Haydn di Bolzano e Trento )

Visto il 02-12-2016
al Sociale di Trento (TN)