Prosa
CLIZIA

A Borgio Verezzi debutta Clizia con Pambieri-Tanzi

A Borgio Verezzi debutta Clizia con Pambieri-Tanzi

Nella stupefacente cornice naturale di Borgio Verezzi (Savona) si è rinnovato l'appuntamento con il Festival Teatrale giunto alla sua 46° edizione, i cui gloriosi trascorsi sono narrati su pannelli disseminati lungo il territorio comunale. Il cartellone 2012 persegue l'intendimento di riportare il Teatro al ruolo di medicina per l'anima ed è votato alla commedia brillante. Il che non coincide necessariamente con superficialità e vacuità, come ha dimostrato Clizia (doppio inganno) al debutto nazionale nella produzione Teatroper e Centro Spettacoli Teatrali. Una versione liberamente tratta da Machiavelli con un deciso affondo nella matrice primigenia, Càsina di Plauto. Sia ai tempi di Plauto che di Machiavelli, i ruoli sociali rivestiti dai personaggi avevano contorni nitidi, senza interposizioni. Oggi sono cambiate le strutture della familia e della servitus, nonché il contesto del consorzio umano. Per non perdere in immediatezza comunicativa, il regista Giacomo Zito ha compiuto una conversione drammaturgica attinente al mondo odierno: ha tradotto in linguaggio attuale il tristo tempo in cui la morale si è tramutata in farsa, mantenendo il medesimo impeto polemico e beffardo proprio di Machiavelli (soprattutto nella Mandragola) ed ha traslato le figure in soggetti reali, di tangibile concretezza, che hanno conservato intatto l'originario spirito ludico-dissacratorio. Zito ha inscenato una serie di Maschere assimilabili a quelle della Commedia dell'Arte, per ri-creare la comunità natura aut iure. Nicomaco, un pater familias divenuto "cumenda" in vestaglia e cravatta, che tutto può e tutto ordina compreso il proprio libertinaggio; in conflitto con Sofronia, estrosa dark-lady piumata (costumi di Saverio Galano) ligia a suo modo alle regole imposte dalla società ed avvezza a muovere nascostamente i fili dell'ignaro consorte. Doria, una sorta di zingara-piratessa dalle millantate arti divinatorie che trova terreno fertile per i sortilegi in un ambiente, quanto mai contemporaneo, di dilettantismo intellettuale. Cleandro, figlio non cresciuto, incapace di staccarsi dalla materna ala protettrice. Mirrina, la classica vicina di pianerottolo impicciona. I cinici servitori Eustachio e Pirro, l'uno di scaltra estrazione popolare che tutto farebbe in nome del vil denaro, l'altro gay dichiarato e felice, che ha conferito inedito significato all'ingannevole travestimento muliebre di cui si è reso protagonista nel finale.
Càsina secondo l'interpretazione etimologica più accreditata, deriva da kasia, profumo rituale simboleggiante quella stessa bramosia personificata dalla Clizia machiavelliana. Plauto a sua volta si ispirò alla tradizione greca dei Clerùmenoi di Difilo, chiamati altresì Sortientes, ovvero coloro che estraggono a sorte. Clizia viene per l'appunto posta in palio quale premio assegnato dalla casualità. Non è una persona in carne ed ossa bensì di impalpabilità onirica. E' un'entità astratta, un miraggio tanto agognato quanto irraggiungibile; un desiderio che vive autoalimentandosi. Non a caso il gioco scenico (di Mario Amodio) si è dipanato attorno all'albero maestro di una zattera, la cui vela (gonfiata dalla brezza spirata dal Mar Ligure teatralmente complice) è stata issata alla conclusiva materializzazione del sogno; nell'attimo cioè in cui quest'ultimo ha cessato la sua valenza, rendendo quindi necessario salpare verso nuovi lidi alla ricerca di altre chimere.
L'operazione ha comportato non pochi rischi, essendosi presentata ricca di trabocchetti espressivi, costantemente giostrati su fili taglienti come lame. Difficile mantenere l'equilibrio necessario per evitare inciampi di stile o scivoloni caricaturali, che per la verità hanno fatto l'occhiolino riscuotendo grande favore di pubblico, divertito e plaudente. Fin troppo vividi i colori che Barbara Bovoli ha pennellato su Doria, personaggio già di per sé sopra le righe; così come volutamente tarato sugli eccessi sostenuti con abile naturalezza, l'Eustachio di Fabrizio Apolloni. Di apprezzabile misura Geremia Longobardo Cleandro, Lorenzo Alessandri Pirro e una ottimamente centrata Gianna Coletti Mirrina. E' inconfutabile che la "beffa erotica" abbia poggiato solide fondamenta sulla "Premiata Ditta" Pambieri-Tanzi, impegnata ad alleggerire le trivialità plautine in favore della forma allusiva machiavelliana. Una prova che entrambi hanno eseguito come esperti funamboli, marcando i rimandi senza esplicitarli, atteggiandosi a pulsioni mai volgari, asservendo all'eleganza linguistica i pesanti doppi sensi, esorcizzando gli stereotipi di cui la drammaturgia ha, forse, abusato. In altre parole, con intelligenza interpretativa hanno elevato le Maschere a Caratteri. Un vecchio detto insegna che un bravo attore può declamare anche l'elenco del telefono; Giuseppe Pambieri l'ha riscritto a proprio modo, essendo stato in grado di conferire spessore avendo recitato, letteralmente, in mutande, quelle di Nicomaco. E se lui ha reso al contempo spiritoso e consapevole il gaudente plautino, Lia Tanzi, Sofronia, è stata nulla meno che straordinaria nel far uso sottilissimo e sapiente dell'ironia e dell'auto-ironia, tarate su "calibrati eccessi", tanto efficaci esteriormente quanto interiormente motivati. A loro due va ascritto il merito d'aver incanalato nella giusta direzione il progetto, incarnando quel genius iocandi definito da Cicerone elegans, urbanum, ingegnosum, facetum e che, allora come oggi, ha trovato degna esplicitazione per mezzo della macchina teatrale.

Visto il 26-07-2012
al Festival Teatrale di Borgio Verezzi di Borgio Verezzi (SV)