“Generale, l’uomo fa di tutto. Può volare e può uccidere. Ma ha un difetto: può pensare” – scriveva Bertolt Brecht – e il regista Milo Rau con il suo teatro di realtà mette lo spettatore nella condizione di poter pensare.
I colpi della mitragliatrice sono le parole, le informazioni e i fatti riportati in scena, grazie alla rielaborazione di ricerche condotte sul campo per testimoniare il lato umano del genocidio e delle guerre.
Pronti ad accogliere ma non a trattenere, come le dita che sfiorano schermi touchscreen su cui informazioni superficiali, rapide, asettiche che nell’apatia e indifferenza generale, schiviamo i colpi di una mitragliatrice che passa da una mano all’altra, da un Paese all’altro.
Compassion. Storia di una mitragliatrice è una reazione ai genocidi dei Paesi africani e mediorientali. Al centro della scena un accumulo indefinito di oggetti, rami e altre sostanze inorganiche, sui lati due scrivanie, in alto uno schermo che proietta i volti in primo piano delle protagoniste Ursina Lardi e Consolate Sipérius - quest'ultima sopravvissuta al conflitto del Burundi tra Hutu e Tutsi - mentre raccontano la loro esperienza. La parola prevale come necessità primaria di ricomporre emozioni ed eventi, raccolti da Rau e dalla sua compagnia dopo anni di viaggi e interviste in Ruanda, Congo, Burundi, Turchia, Milo Rau.
Di spalle al pubblico Ursula col suo abito turchese, attorniata dalla massa informe di rifiuti, appare una "Venere degli stracci" che col suo silenzio invita il pubblico a riflettere su chi trasforma la sofferenza comune in denaro e segue politiche comunitarie internazionali volte a tamponare emergenze, anziché elaborare piani di accoglienza e integrazione.
Tra i linguaggi teatrali e performativi, Milo Rau sceglie per Compassion la forza della parola e l'emozione del racconto, un teatro che richiede attenzione e risveglia quel senso di appartenenza al mondo che la realtà dei media annulla, appiattisce: compatire, appunto, storie di mitragliatrici che in questo caso diventano parole lanciate verso il pubblico.