Presentato come spettacolo che si ispira all'omicidio di Pier Paolo Pasolini, ovvero il caso Pino Pelosi omicidio che dovrebbe essere una suggestione, il punto di partenza, Comprami di Valentina Scocca, andato in scena Domenica 29 Aprile al Furio Camillo di Roma, in prima nazionale, lungi dall'essere un’indagine (...) dentro alla crudità di una società contemporanea dove tutto ruota intorno al “Dio” denaro, come si legge nel programma di sala, si attesta invece su Pino Pelosi e sull'omicidio Pasolini costituendone l'unica coordinata narrativa.
Da solo in scena, Roberto Giannuzzi, presentandosi come Giuseppe Pelosi si rivolge direttamente al pubblico chiedendogli perchè è lì e poi inizia a raccontare una delle tante versioni dei fatti che ci darà sulla sera in cui ha incontrato Pasolini e sulle dinamiche che hanno condotto all'omicidio.
PelosiGiannuzzi viene presto affiancato da Sabrina Bambi, che oltre a cantare, occupa una postazione a sinistra del palco, dove campeggia un leggio affastellato di carte, che la giovane donna consulta, cestina, scrive, cancella.
Tra un monologo e l'altro, nei quali Pelosi alterna varie narrazioni sull'omicidio a ricordi d'infanzia, considerazioni sulla sua vita in carcere, sul fatto che non è frocio perchè gli piacciono le donne, Sabrina Bambi glossa gli avvenimenti e le affermazioni di Pelosi riportando date, fatti, e sottolineando la scarsa credibilità del testimone, insinuando che se Pelosi vende la verità su quella tragica notte, in fondo per lui è una “marchetta” come un’altra.
Su questa semplice drammaturgia si sviluppa lo spettacolo che regge solamente grazie alla pervicace bravura di Giannuzzi mentre Bambi, credibile quando recita il ruolo dell'intervistatrice alla quale non interessano le risposte di Pelosi, non ha grande credibilità quando glossa e commenta, perchè si presenta più come soubrette che come auctoritas dello spettacolo. Una soubrette che canta, su base registrata ora direttamente sulla canzone originale, senza che sia chiara la sua funzione drammaturgica. Sipario musicale per alleggerire il racconto? Memoria storica del paese? Presenza in scena dell'autrice dello spettacolo? La regia, modestissima, di Scocca non svela l'arcano e la presenza di Bambi in scena vira il testo verso il camp: gli ammiccamenti di Bambi, le canzoni scelte (comprami di Viola Valentino ma anche Because the night di Patty Smith) sembrano strizzare l'occhio a certa (sotto)cultura gay che poco o nulla ha a che fare con Pasolini, Pelosi e la situazione politico-culturale italiana degli anni in cui l'omicidio Pasolini è stato concepito e consumato.
Nonostante lo spettacolo indichi sospetti e indizi omessi nel processo (la presenza di altre persone), il mandante politico dell'omicidio, sottolineando l'omofobia non solo della destra ma anche del PCI che espulse Pasolini dal partito per l'accusa di corruzione di minorenne (alla fine degli anni 40) senza aspettare l'esito del processo nel quale Pasolini venne dichiarato innocente, il vero cuore dello spettacolo non è l'omicidio e il suo mistero ancora oggi irrisolto ma la vita di Pelosi prima e dopo la galera (9 anni per omicidio in concorso con ignoti).
E la denuncia dell'omofobia italiana di allora come di oggi è inficiata da alcune considerazioni che il testo fa su Pelosi e sulla prostituzione maschile in genere.
Come succede spesso quando si parla di prostituzione anche questo testo compie l'errore ideologico di additare più chi vende e meno chi compra, limitandosi a sottolineare la natura di marchetta di Pelosi senza stigmatizzare il cliente Pasolini che, nonostante la sua lucida critica antropologica, ricorreva al denaro per fare sesso con i ragazzi, quando il sesso tra uomini è di solito libero e non mediato dal denaro, tanto che, tra omosessuali, battere non significa prostituirsi ma cercare qualcuno che ci sta.
Quel che manca allo spettacolo è una prospettiva davvero storica che distingua tra lo stigma in cui l'omosessualità era percepita 40 anni fa e quello con cui viene percepita oggi, che non differenzia la stampa degli anni settanta che insinuò, tutta, che, in quanto omosessuale, Pasolini quella morte se l'era cercata, glissando sul mandante politico, e quella degli anni 80, già intrisa di retorica del dolore.
A cavallo tra racconto intimistico della vita di Pelosi, critica alla retorica dell'informazione e ricostruzione storica, lo spettacolo resta a metà del guado non riuscendo a raggiungere nessuna sponda, ottenendo solo il risultato, non indifferente, di parlare ancora di questo omicidio irrisolto.
Un omicidio le cui valenze politiche non sono centrate certo sull'omosessualità di Pasolini, ma sul fatto che fosse un intellettuale scomodo per la destra, come pure lo spettacolo insinua, senza dirlo apertamente, quando fa declamare (su nastro registrato) fa leggere alcuni brani del famoso j'accuse pasoliniano Io so pubblicato sul Corriere.
Lo spettacolo in realtà non ha nulla di nuovo da dire nel dirimere le tante verità dette da Pelosi, e, nella descrizione che ne dà di ragazzo di borgata, finisce per farne una bonaria apologia con l'indulgenza di chi guarda sociologicamente agli orrori delle classi inferiori dedite alla delinquenza, alle rapine e alle marchette.
Ignorando che l'appeal dei soldi inducono allora come ora molti giovani ragazzi (prevalentemente eterosessuali) a prostituirsi non per bisogno ma per il guadagno facile.
Sintomatica l'attenzione della platea che ha assistito alquanto impassibile allo spettacolo, anche durante la descrizione dell'omicidio (il cuore di Pasolini esploso per la compressione della macchina con la quale Pelosi gli è passato sopra due volte) che partecipa davvero solamente nel finale, quando Bambi intona Comprami di Viola Valentino, dal quale lo spettacolo mutua il titolo, una canzone che, nelle intenzioni dell'autrice, dovrebbe sottolineare come la verità sia in vendita come può esserlo una donna o un uomo, ignorando che ormai oggi tutto è merce, dai vestiti e dagli accessori griffati del pubblico allo spettacolo che si è venuti a vedere, che intrattiene invece che far riflettere come si evince anche dall'accattivante poster che pubblicizza lo spettacolo con i fatti del quale non ha proprio nulla a che vedere.