Così voleva fosse eseguita Beethoven. Così l'ha diretta Marco Angius, a capo dell'Orchestra di Padova e del Veneto, nel concerto che ha aperto la stagione estiva di CortinAteatro 2020, nella sala polivalente dell'Alexander Girardi Hall della città ampezzana.
Vale a dire una Settima Sinfonia offerta senz'alcuna cesura tra i suoi quattro movimenti, come un racconto narrato tutto d'un fiato. O meglio, come una sorta di esaltante poema sinfonico ante litteram, in cui la ricchezza di temi musicali e la varietà di ritmi a buona ragione ha suggerito ad un infervorato Wagner, com'è noto, l'idea di una vera e propria “apoteosi della danza...nella sua piena essenza”. E la ferma convinzione di intravedere nella musica di Beethoven “la più beata attuazione del movimento del corpo quasi idealmente concentrato nei suoni”.
Danze di popolo, non da salotto
E' certo satura di cadenze di danza, la Settima Sinfonia, ma non certo quelle delle damine settecentesche e dei loro cicisbei, quelle degli leggiadri minuetti rocaille di Rameau o Boccherini. Le danze che Beethoven concepisce sono piene di sana vitalità, vorticose e brillanti, al limite della frenesia. Sono immagini di sani intrattenimenti agresti, a ballare sono vigorosi paesani dalle guance colorite, tutti stretti in spumeggianti movenze di gruppo. Gente che sa godere sane passioni umane: il buon vivere, il buon bere, il buon mangiare. E che si sente in dovere di far fruttare la terra, servire la patria, rispettare la Dottrina, fare figli e dar loro un buon avvenire.
Un sentimento di ferace ed impetuosa positività che pervade tutta la composizione, dileguandosi solo nello splendido Allegretto – una delle pagine più alte ed affascinanti di Beethoven – tutto all'insegna di un'inusuale, ed incantevole figura ritmica. Una nobile e melanconica trenodia, dove il tema dominante in minore comporta un senso di tenera mestizia, di ripiegato dolore, al quale inutilmente si contrappone quel secondo tema in maggiore che affiora solo per poche battute.
Tutto Beethoven in scaletta, per i 250 anni dalla nascita
Apre il concerto cortinese un'esecuzione dell'incalzante ouverture del Coriolano di Henrich Collin, in una interpretazione asciutta che ne smussa i tratti più foschi, sinistri e drammatici. Poi, è la volta appunto della Settima Sinfonia. L'Orchestra di Padova e del Veneto si presenta allineata in numeri non imponenti – due dozzine d'archi, più la decina di fiati necessari – e quindi a nostro avviso ha il peso specifico adatto per fornire trasparenza al tessuto strumentale beethoveniano.
Senza affondare nel titanismo, opera con fine snellezza e lascia emergere molto bene la retrostante sezione dei fiati. Merito anche di Marco Angius, suo direttore stabile, che delinea della luminosa partitura una concertazione coerente e compatta, dai contorni assai incisivi, ed aliena da intemperanze dionisiache: non vi incontriamo né eccessi di fuoco né spropositata energia, bensì un discorrere melodico fluente, che sagoma le ininterrotte cadenze ritmiche con signorile sobrietà.