La Fondazione Musicale Omizzolo-Peruzzi, nata nel 2012, si impegna attivamente per far circolare le composizioni di Silvio Omizzolo, autore padovano scomparso poco più di vent’anni fa. L’attività spazia attraverso molteplici iniziative incentrate su pittura, musica e poesia. La serie di concerti, itineranti nelle più disparate sedi patavine, si conclude con una corposa serata all’Auditorium Pollini.
Ne sono protagoniste due artiste legate alla città del Santo: Sonig Tchakerian, violino, e Leonora Armellini, pianoforte. L’accoppiata risulta vincente fin dall’esecuzione, in apertura, della Romanza (Improvisation) e di Gaïté douloureuse da Pagine d’album di Guido Alberto Fano. Il compositore, pianista, direttore e insegnante nacque a Padova e qui venne istruito da Vittorio Orefice e Cesare Pollini che lo indirizzò a Bologna, al Liceo Musicale, da Giuseppe Martucci. Quest’ultimo influenzò lo stile di Fano il quale rimase legato alla strumentazione tradizionale e al gusto tipicamente italiano. La prosecuzione della serata è affidata proprio ad un lavoro di Silvio Omizzolo. Si tratta della Sonata composta nel 1967 per il violinista Giovanni Guglielmo che la battezzò, con il compositore al pianoforte, nella Sala dei Giganti al Liviano l’anno successivo. Lo spazio riservato ad entrambi gli strumenti assicura un bilanciamento assolutamente egualitario. Lungo i classici tre movimenti si apprezza l’aspetto melodico, prediletto da Omizzolo, lo slancio e i veraci passaggi virtuosistici.
La seconda parte è interamente occupata dalla figura di un gigante musicale ottocentesco: Johannes Brahms. Anche in questo caso è una Sonata, precisamente l’op. 78, a presentarci le caratteristiche precipue del suo stile che pone attenzione agli elementi delicati e intimi provenienti dalla struttura liederistica. Concepita nel 1879 e pubblicata nel 1880, prende le mosse da motivi ispirati dal Regenlied (Canzone della pioggia) per tenore. Brahms apprezzava a tal punto questa sua opera da utilizzarla, deframmentata, lungo l’intera sonata. La dolcezza, sottolineata dall’intelligente fraseggio e increspata da qualche venatura contemplativa e malinconica, dona al lavoro un’aura d’eleganza e candore. In chiusura viene presentato lo Scherzo dalla Sonata F.A.E., scritta in collaborazione con Albert Dietrich e Robert Schumann. L’intento dei tre di omaggiare il comune amico Joseph Joachim, violinista giovane ma già promettentissimo, si concretizzò su ispirazione del motto Frei Aber Finsam (libero ma solo) che lo strumentista soleva citare. La freschezza di questo scherzo trova riscontro nell’esuberante inventiva e nella brillantezza della scrittura. Durante l’intera serata la Tchakerian fa valere il proprio temperamento che si fonde perfettamente con la genuina eleganza della Armellini. La violinista è attenta al fraseggio e imprime una lettura personale assolutamente sottoscrivibile, dimostrando forte sensibilità e vicinanza col repertorio tardoromantico e novecentesco. La giovanissima pianista non è da meno: il controllo delle dinamiche assicura un tappeto sonoro accuratissimo che presta notevole attenzione ai dettagli e alla coesione con la collega.
Il successo, nonostante le sparute presenze, appare convincente e pieno.