Una serata davvero speciale a Parma e una doppia emozione per il ritorno di Claudio Abbado e la riapertura del secentesco teatro Farnese, per la prima volta utilizzato al massimo della sua capienza (1500 spettatori).
Il Farnese, meraviglia barocca di legno e stucco, fu costruito su volere di Ranuccio I duca di Parma come opera architettonica illusionistica ed effimera per stupire e conquistare Cosimo II granduca di Toscana, onde favorire l’unione fra il figlio Odoardo con Maria de’ Medici. L'apparato ligneo non fu poi smontato, fece da cornice alle nozze ducali e agli sfarzosi divertimenti della corte, ma come luogo teatrale fu utilizzato di rado e di recente ha ospitato solo preziosi eventi destinati a un pubblico ridotto, come un’esecuzione dell’Orfeo ed Euridice, a cui assistemmo nel 2007.
Questo teatro-gioiello di notevoli dimensioni , incastonato nel grande salone del palazzo della Pilotta fra la Galleria Nazionale e la Biblioteca Palatina, è per la città motivo di orgoglio e l’altra sera si respirava fra il pubblico una sorta di ammirazione e deferenza nei confronti di un luogo deputato dell’immaginario cittadino, tutti onorati nel prendere posto dopo secoli di silenzio sulle grandiose scalinate lignee.
L’atmosfera rarefatta è stata esaltata dall’illuminazione ridotta, concentrata sul palcoscenico o sulle arcate centrali della galleria e dalle variazioni di luce naturale filtrata dalle travature lignee del soffitto o dalle finestre.
Per chiudere il boccascena è stato realizzato su quinte mobili un sipario ispirato ad una veduta di Parma del celebre incisore Martial Desbois tratta da una scena ideata dal Bibiena per uno spettacolo rappresentato proprio al Farnese.
Il lungo programma si è aperto con la Sinfonia n. 35 “Haffner “ di Mozart, di cui Claudio Abbado sottolinea l’ampio respiro che prelude alle sinfonie della maturità e i fasti di corte rivivono nei tempi spediti e nel vorticoso finale dove i suoni si rincorrono e s’intrecciano in un fremito leggero perfettamente chiaroscurato, quando a tratti fa capolino un ironico sorriso. E’ soprattutto nell’andante dai toni intimi, di cui Abbado esalta ogni sfumatura cantabile, che riconosciamo la sua cifra esecutiva: precisione e nitore all’insegna di un’inarrivabile naturalezza esecutiva.
Segue il più raro concerto per oboe e orchestra K 314. L’oboe di Lucas Macias Navarro seduce per il suono rotondo di sognante dolcezza capace di creare un clima elegiaco in cui s’inserisce con equilibrio l’orchestra che isola e al tempo stesso sostiene il canto “di coloratura” dell’oboe, le sue agilità cinguettanti e le veloci cadenze virtuosistiche.
La prima parte, tutta dedicata a Mozart, si conclude con il Concerto n. 5 per violino e orchestra K 219, il cui ruolo solista è affidato al talento sensibile di Isabelle Faust. Anche qui sorprende il senso di fusione fra solista e orchestra , il violino suona particolarmente delicato e intimo e sembra rifugiarsi nell’indugio cercando quasi il silenzio, nell’adagio come nel rondò. Sotto la carezza dell’archetto vengono stemperati i tratti di virtuosismo “esteriore” del concerto mozartiano per fare scaturire con un suono chiaro e sottile un lirismo sensibile in una comunione d’intenti fra solista e direttore.
Come bis un concerto di Bach per oboe e violino, dove, in un susseguirsi di slanci melodici e crescendi dal ritmo vivace, si chiude in un clima festoso la prima parte del programma.
La seconda parte del concerto è dedicata alla Pastorale di Beethoveen, una delle sinfonie più popolari ed eseguite, che sotto la bacchetta di Abbado suona quasi inedita, tale è il senso di amore cosmico e bellezza che emana. Con un’interpretazione rigorosa e asciutta, che per certi versi guarda più avanti, Abbado coglie in tutti i movimenti la forza beethoveniana, ma senza enfasi alcuna e ancora una volta si apprezza la naturalezza (semplice all’apparenza, ma precisa allo spasimo, per la cura del dettaglio senza mai perdere di vista l’architettura complessiva) con cui si stagliano i singoli strumenti e le loro invenzioni melodiche in un tutto sonoro di rara luminosità e trasparenza. Bellissimo il temporale, saldato agli altri due tempi, forte e preciso.
Una marcia mozartiana, ironica e brillante, è il bis con cui Abbado e la “sua” orchestra prendono commiato da un pubblico in piedi, scatenato in un tifo da stadio, lasciando una sensazione di festa che si propaga per tutto il complesso della Pilotta.
Ottimo il livello musicale dell’Orchestra Mozart, precisa e sensibile in tutte le sezioni, ma anche il servizio in sala con ampio dispiegamento di maschere per sorvegliare l’incolumità delle preziose architetture lignee. Per una volta le signore in abiti da sera e ballerine, niente tacchi!