Dopo l'Otello di Eimuntas Nekrosius e la Muette di Emma Dante, il Petruzzelli propone come terzo titolo in cartellone “Così fan tutte” in un'altra regia teatralissima e diretta a cercare nuovi stimoli nell'opera. Da rilevare: tutte nuove produzioni.
Davide Livermore, con l'originalità e il talento che gli sono propri, ambienta la vicenda in una nave da crociera negli anni Cinquanta chiamata “Fedeltà”. Il trasferimento dell'azione in tempo e spazio diversi non deve porre il problema dell'esatta rispondenza di ogni singola frase o situazione del libretto, perché ciò non può aversi, ma tutto si può giustificare con la credibilità della drammaturgia.
La scena di Santi Centineo è il ponte di una nave (la nave scuola “Fedeltà”, appunto) che diventa il salone delle feste o il corridoio di babordo (già all'ingresso del pubblico il sipario è aperto e si sente lo sciabordio del mare). I costumi di Giusi Giustino confermano l'ambientazione e le luci di Giuseppe Ruggiero contribuiscono alla realtà, effetto che si ha soprattutto grazie ai video che rendono in modo perfetto l'idea della navigazione in mare aperto, del dondolio della barca, dell'avvicinarsi ai faraglioni, della sosta in rada nei pressi di una spiaggia, della vista di Napoli dal mare, dei fenomeni atmosferici e del trascorrere delle ore e del conseguente trascolorare del cielo.
Durante l'ouverture si vedono le immagini di un naufragio senza alcun riferimento a fatti di cronaca recenti ma soltanto valigie, foto, oggetti personali dei protagonisti che si inabissano. L'idea della nave ci ha fatto pensare al Ratto dal serraglio di Michieletto visto al San Carlo di Napoli (recensione presente nel sito) e ambientato su uno yacht. Qui Livermore utilizza non solo l'ambientazione ma ci costruisce intorno un mondo di ginnasti e camerieri, massaggiatori e musicisti, crocieristi e vacanzieri che rende la vicenda assai divertente e nuova dal punto di vista dell'intreccio. Di certo la maggiore difficoltà era l'allontanamento dei fidanzati per il campo militare: il regista lo risolve con la chiave dell'ironia facendo apparire una lunghissima nave militare che impiega un sacco di tempo a passare. Le due sorelle sono fortemente miopi e sfoggiano vistosi occhialoni che il capitano fa sparire, rendendo inevitabile la confusione. E la “precauzione” nell'imbroglio è un profilattico, visto che le allusioni sessuali mozartiane qui sono esplicitate (e anche di più).
Sicuramente ha ragione Livermore nel sostenere, nell'intervista di Mauro Mariani riportata nel programma di sala, che nel Settecento Napoli era considerata il luogo del gioco, del possibile amoroso e che la nave da crociera lo è nel secondo Novecento. Il finale non è giocoso né totalmente lieto ma restano ombre e, come visto durante l'ouverture, tutto finisce in un naufragio.
Affacciarsi nella buca del Petruzzelli è una gioia, riscontrando i volti giovani e motivati degli orchestrali (e pensando al giovane talentuoso Daniele Rustioni che ne cura la direzione musicale). Da loro Roberto Abbado ottiene un suono leggero e dinamico, attento agli equilibri con un palco movimentato nella struttura. Il direttore cura particolarmente gli accompagnamenti, affidati all'eccellente Andrea Waccher al violoncello e al fortepiano di Andrea Del Bianco. Ne esce una narrazione spigliata, nonostante i tempi non particolarmente brillanti e allungati dall'edizione integrale.
Nel cast ha primeggiato Paolo Bordogna, il cui Don Alfonso non ha nulla del noioso filosofo dai capelli grigi ma anzi sfoggia giovanile baldanza e prestanza fisica per rendere un capitano stile “Love boat”: se qualcuno avesse dubbi che sia lui il deus ex machina, ecco la scena in cui muove una bottiglia con dentro un modellino di nave e la “Fedeltà” si impenna mandando tutti a gambe all'aria mentre il baritono canta “Nel mare solca”; aitante fisicamente, vocalmente Bordogna ha emissione morbida e scorrevole, timbro bello e vellutato, accenti vigorosi ma mai eccessivi. Vicino a lui non scompare la Despina di Veronica Cangemi in divisa di bordo che non si tira indietro a incontri amorosi promiscui.
Per le due coppie va meglio sul versante maschile: Mario Cassi e Yijie Shi, rispettivamente Guglielmo e Ferrando, sono adeguati vocalmente e disinvolti scenicamente; Cassi trova accenti di insinuante sensualità; Shi rende con grande dolcezza l'Aura amorosa e mantiene salda la linea in “Ah, lo veggio: quell'anima bella”, solitamente non eseguita, e nel “Tradito, schernito” mentre si scatena un temporale sul mare di fulmini e saette.
Le donne risultano meno insinuanti e convincenti: Anna Bonitatibus è una Dorabella a cui piace ballare il twist con la radiolina a pile in mano; Elena Monti manca le caratteristiche di morbidezza di Fiordiligi, ha acuti poco saldi e un medio caratterizzato dal vibrato.
Con loro il coro del teatro preparato da Franco Sebastiani.
La concomitante processione di San Nicola ha tenuto lontani diversi spettatori, ma i presenti hanno applaudito convinti sia a scena aperta che nel finale.