Lirica
COSì FAN TUTTE

Il "Così fan tutte " di Strehler

Il "Così fan tutte " di Strehler

Rivedere l'ultimo lavoro di Giorgio Strehler è sempre commovente, come pensare alla sua scomparsa poche ore dopo la prova generale. A Napoli Così fan tutte assume un valore aggiunto per l'ambientazione del libretto.
Nella produzione del Piccolo ad apertura di sipario i tre uomini sono seduti ai tavolini di un caffè davanti alla facciata del teatro di San Carlo che campeggia nel fondo. Ezio Frigerio ha creato una scena elegante e semplice, vuota e incorniciata di bianco nel boccascena; due elementi avanzano dai lati a restringere lo spazio nei momenti più intimi: sono due strette pareti con una porta, una finestra tonda e un cornicione marcapiano sovrapposti. Bastano quattro cuscini e un fazzolettone a rendere l'atmosfera orientaleggiante; negli interni due letti di ferro, due paraventi o due agrippine che silenziosi servi di scena portano dentro e fuori nei cambi scena a vista con le luci abbassate. Alberi profilati ai lati del fondo danno il senso del giardino. Il pavimento è un tavolato di larghe assi che rimanda alla commedia dell'arte.
I costumi di Franca Squarciapino sono settecenteschi di stoffe non sfarzose ma raffinate e declinano colori luminosi e terragni, molto curati nei dettagli sartoriali e negli accessori (le scarpe, gli ombrellini, i cappelli).
Le luci di Claudio De Pace consentono di ricreare le atmosfere e di consentire i cambi scena in evocative penombre, anche se lasciano Don Alfonso al buio al momento (cruciale) di “Tutti accusan le donne”.

Strehler gioca coi protagonisti, crea una regia lineare, attenta ai dettagli, ai movimenti, ai gesti e li connota individualmente in modo netto: distante e distaccata Fiordiligi, esuberante e curiosa Dorabella, sentimentale Ferrando, più irruente e meno idealista Guglielmo, Despina inafferrabile dietro i continui travestimenti, Don Alfonso un Don Giovanni agée disincantato.
Gioco, si diceva, curiosità innocente. Ma anche sentimenti: affetto, malinconia. E quel senso di mistero, quel cono d'ombra in cui si gioca la storia. Tanto che nel finale prevale il travestimento: ciascuno indossa un elemento che lo camuffa. I particolari sono curati con grande senso teatrale: gli ombrelli che rotolano quando le sorelle svengono, il cappello trascinato per terra tramite un nastro, il dondolare di una gamba dal letto, una coppia che si apparta furtiva su una barchetta.

Sofia Soloviy è una Fiordiligi dalla voce materica e corposa, un poco rigida nelle agilità ma screziata di bruniture che la avvicinano al colore di Marina Comparato, una Dorabella precisa vocalmente e brillante attorialmente. Nicola Ulivieri è un Guglielmo dalla bella voce pastosa, potente e controllata, in grado di rendere le sfumature del personaggio. Edgardo Rocha è un preciso Ferrando, che non trova difficoltà nelle agilità ma che non commuove. Marilena Laurenza è una Despina non abbastanza maliziosa, a tratti poco udibile. Giulio Mastrototaro è un Don Alfonso vocalmente fresco e giovanile, dagli abiti sgualciti e stazzonati, le scarpe polverose, il volto emaciato con le occhiaie profonde, quasi indigente, al punto da rubare i cucchiaini a casa delle sorelle.

Jonathan Webb apre la sinfonia con tempi lentissimi, salvo poi sveltire (non abbastanza); resta per tutto lo spettacolo una certa tendenza ad allargare che a volte compromette l'appiombo coi cantanti. Il suono risulta poco leggero ma curato nelle linee melodiche, anche grazie alla buona forma dell'orchestra napoletana qui in ranghi cameristici. Al clavicembalo Riccardo Fiorentino. Il coro è stato preparato da Salvatore Caputo.

Teatro gremito, molti applausi per uno spettacolo che continua ad avere successo, curato nella ripresa registica da Gianpaolo Corti. A Napoli le recite hanno avuto un particolare calore, anche se non si dimentica il bellissimo Così fan tutte di Martone nell'anno del bicentenario mozartiano, parte di una azzeccata trilogia.

Visto il
al San Carlo di Napoli (NA)