Il Regio di Torino ripropone dopo dieci anni l'allestimento di un regista leggendario, Ettore Scola, uno spettacolo tradizionale ripreso da Vittorio Borrelli che mette in scena la vicenda in modo chiaro e comprensibile, partendo dalle belle e varie scene di Luciano Ricceri.
Il sipario si apre sul porto di Napoli all'alba con ragazzi addormentati e, visto da dietro, un “arco di trionfo” diruto. Le prime schermaglie tra i due ragazzi e il filosofo avvengono con affollate controscene di scarico merci, contrattazione, vendita. I cambi scena sono resi possibili grazie a un sipario che raffigura Napoli vista da sud con gusto quasi divisionista. La casa delle sorelle presenta un giardino, affacciato sul golfo da mezza costa, e l'interno con camera da letto (anzi, un letto matrimoniale dentro una “scatola” di legno finestrata), sala da bagno, cucina-camera di Despina. Particolarmente curati i dettagli e gli attrezzi di scena, come anche i costumi, davvero bellissimi, di Odette Nicoletti, che rendono un Settecento lussuoso e fiabesco. Le luci di Andrea Anfossi completano l'efficacia della messa in scena: molto riuscito il momento del finto matrimonio con le grandi arcate neoclassiche sul fondo svelano piani sovrapposti di lampadari a candele.
Il libretto è rispettato al massimo, al punto da intrecciare i polsi dei protagonisti con tralci di verzura (“Amor lega le membra a vero amante / Rompasi omai quel laccio). La regia inventa alcuni dettagli: le sorelle che preparano il limoncino tagliando lunghe spirali gialle di buccia, il loro primo duetto le vede sognare l'amore a dita incrociate. Meno ha convinto il passaggio nel primo atto dal giardino all'interno: i due momenti dovrebbero essere in sequenza e invece le ragazze sono in camicia da notte, come fossero appena alzate, mentre prima erano normalmente vestite, intente a ricamare (Fiordiligi) e dipingere (Dorabella).
Christopher Franklin dirige un'orchestra a ranghi camerali, fatto che non ha aiutato la trasparenza e la leggerezza del suono, interessante ma poco incisivo; in alcuni momenti, soprattutto del primo atto, l'appiombo buca-palco è carente per la larghezza dei tempi orchestrali. I recitativi sono accompagnati da Carlo Caputo al fortepiano, il coro è stato preparato da Claudio Fenoglio.
Carmela Remigio si conferma come una Fiordiligi di riferimento; con forza drammatica canta “Come scoglio immoto resta”, gestendo benissimo le sonorità e gli affondi dell'aria; è sicura nelle agilità e nelle discese nel grave; perfetto il rondò “Per pietà, ben mio, perdona” traboccante amore le cui lunghe frasi non la portano mai al limite. Laura Polverelli è una Dorabella dalla voce scura e di grande volume, convincente nella celebre “E' amore un ladroncello”. Marco Nisticò è un bravo Guglielmo dalla voce morbida e ben timbrata, espressiva e di colore giusto. Andrew Kennedy è l'unico straniero del cast e si sente la pronuncia anglosassone; la voce ha spessore ma manca di squillo; l'aria “Un'aura amorosa” è affrontata con toni di giusta passione e tenerezza. Barbara Bargnesi è una Despina giovane e dalla faccia pulita, furba ma senza malizia, che amoreggia con un giovanotto che raggiunge la sua camera arrampicandosi dalla finestra; la voce è davvero bella. Carlo Lepore è un Don Alfonso anziano e panciuto che muove le alzate di sipario con un ventaglio rosso.
Teatro gremito, moltissimi applausi a scena aperta e nel finale. Da segnalare nel libretto di sala il saggio di Giulia Vannoni che chiarisce il significato di “pietra mesmerica”. Davanti al teatro il razzo dell'ASI che sponsorizza lo spettacolo.