Lirica
COSì FAN TUTTE

Parma, teatro Regio, “Così fa…

Parma, teatro Regio, “Così fa…
Parma, teatro Regio, “Così fan tutte” di Wolfgang Amadeus Mozart ADDIO SETTECENTO Il libretto e la partitura di “Così fan tutte”, sensuali, sottili e raffinati, parlano al presente, per cui spesso i registi sono stati tentati da attualizzazioni, più o meno riuscite: ma la grande verità di quest'opera è la sua attualità, qui perfettamente resa con immediata presa sul pubblico. Convince infatti Adrian Noble, regista sensibile di solida formazione shakespeariana che inventa una drammaturgia emblematica della modernità curata in ogni minimo dettaglio e gesto. La bella scena di Tom Pye aiuta non poco la regia ed ambienta le varie scene in un bar di tendenza con il lungo bancone metallico e le luci al neon, oppure in una spiaggia un po’ hippy di dune sabbiose su cui scendono impalpabili teli bianchi per suggerire l’intimità della casa delle sorelle, dove ci si accomoda su due divani simmetrici. La spiaggia e il bar si affacciano non sul mare ma su una veduta di città notturna con le lucine che brillano nel buio. Forse è Napoli, ma poco cambierebbe se fosse altrove, “Così” è opera astratta in cui al centro ci sono amore e carnalità, sentimenti improvvisi ed imprevedibili. I costumi di Deirdre Clancy documentano un oggi borghese e conformista. Per questo risultano credibili, una volta tanto, i travestimenti dei ragazzi: prima educati figli di buona famiglia in camicia, maglietta, bermuda e ciabatte infradito sui piedi nudi, poi rudi motociclisti in stivaloni a punta e pantaloni di pelle, bandane in testa e tatuaggi sui bicipiti. E le fanciulle sono subito attratte da quei tipacci così lontani dal loro ambiente, tanto che anche loro inguainano le loro lunghe e belle gambe in stivalacci texani. In fondo è qui la felice intuizione di Noble per la quale servono interpreti giovani e belli: è il gioco della seduzione, senza nessuna volontà moralistica o di condanna, solo l’imprevedibilità, la freschezza e la bellezza dell’amore. Le due sorelle, ragazze moderne, arrivano in spiaggia in bikini, borsoni di tela, ciabatte infradito e copricostume, si sdraiano sui teli da mare, aprono lattine di Coca-cola, si scambiano le fotografie degli innamorati sui cellulari, saltellano leggere sulle dune di sabbia dove un’auto (forse nottetempo) ha lasciato tracce di pneumatici: azzeccato, ci sta tutto, perché è proprio della giovinezza languire d’amore e poi un momento dopo sentirsi attratti da altro, volubilmente però, senza cattiveria. Il regista è esperto nel movimentare le scene di gruppo, soprattutto nel primo atto, con molto moto nel finale intorno a due panchine, mentre nel secondo atto l’azione rallenta (bella la macchina che entra in scena con i ragazzi sopra, come in un musical anni ‘50). Le immagini sono molto belle, a tratti ricordano i dipinti di Hopper ma senza l’inquietudine e la solitudine dell’americano, anzi, piene di dolcezza, come la notte che pian piano avanza e i fuochi si accendono tra le dune sabbiose (perfette le luci di Jean Kalman) con le lucciole tra i cespugli. Il finale è personalmente interpretato ed è credibile: se di gioco si tratta è un gioco terribilmente serio, feroce e spietato, seducente, e nulla può, dopo, ristabilire la situazione originaria, perché per i protagonisti nulla sarà come prima; Fiordiligi si “trova” con Ferrando, Guglielmo e Dorabella vanno ognuno per conto proprio, in due direzioni diverse. Anche Alfonso e Despina sono cambiati. La compagnia è formata da sei protagonisti giovani e belli, piuttosto omogenei per linea di canto, però meglio gli uomini che le donne, a cominciare da un vivacissimo Alex Esposito (Guglielmo), il migliore in scena, la voce splendida, corposa e profonda, piena di echi e di colori, intonatissimo e tentacolare nel palpeggiare la cedevole Dorabella; come al solito Esposito salta, si butta per terra, fa capriole e si fa anche male a una mano con un tappo da spumante nella prima scena, tanto da proseguire l’opera con una fasciatura a una mano, ma la voce non ha mai un’incrinatura. Ottimo anche Andrea Concetti (Don Alfonso), ruolo frequentato da tempo e di cui è ampiamente padrone, soprattutto quando è, come qui, un “filosofo” maturo ma non anziano, misurato, equilibrato, con i registi centrale e basso saldi come il ruolo richiede, un Alfonso poco cinico e molto conoscitore della vita e dei meccanismi interpersonali. Francesco Meli (Ferrando) è attorialmente convincente nel disegnare un irascibile ragazzo ed ha un bellissimo timbro tenorile, forse il miglior giovane in circolazione, ma ha fatto sentire un certo sforzo in alcuni punti, come nella ripresa di “Un’aura amorosa”. Sul lato femminile la migliore è Serena Gamberoni (Dorabella), allegra e naturale, voce di spessore ed usata con la giusta forza e credibilità nelle sfumature sentimentali; il suo “Smanie implacabili” sembra dipingere i toni di una tragedia, anche se Dorabella sarà la prima a cedere, ma questa sofferenza è anche fisica e le procura un attacco d’asma che la solerte Despina cura con l’aerosol. Irina Lungu (Fiordiligi), forse non in perfetta forma, è poco luminosa nel terribile “Come scoglio” ed ha mostrato i limiti in un ruolo apparso al di sopra delle sue possibilità. Modernissima, mai forzata, anzi del tutto naturale, Stefanie Irànyi (Despina) porta in scena una figura indimenticabile, simpaticissima, golosa, allegra e godereccia, furba ed esperta dei fatti della vita: è lei con la sua verve la vera “docente” alla Scuola degli amanti. Irresistibile questa Despina con gli occhiali da sole in testa, le microgonne svolazzanti sulle interminabili gambe, le vistose collane e le scarpe di corda con le zeppe alte coi nastri intrecciati intorno alle caviglie: ma come fanno i tre uomini a non innamorarsi di lei?! Deludente (per la prima volta) la prestazione dell’Orchestra del Regio, affidata a soli due giorni dal debutto a Marco Zambelli che ha sostituito Attilio Cremonesi, orchestra che invece ci ha abituato a prestazioni di alto livello. L’attacco iniziale è impreciso, seguito da uno scivolone dell’oboe sulla prima nota; la conduzione è pesantissima, al punto da rendere il secondo atto lento e noioso. Buona la prova del coro preparato da Martino Faggiani: gli uomini, essendo in spiaggia, sono vestiti da marinai e se ne partono tra strazianti, esagerati addii delle loro donne. Strana la reazione del pubblico, tiepido fin dall’inizio, che ha applaudito quando non doveva e non ha fischiato quando avrebbe dovuto. Nel palco reale Manuela Arcuri, ospite del Sindaco di Parma, ha assistito per la prima volta a un’opera lirica. FRANCESCO RAPACCIONI Visto a Parma, teatro Regio, il 20 aprile 2008
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al Regio di Parma (PR)